Venerdì 25 aprile 2014. Finalmente, dopo quattro mesi dall'inizio dell'anno sono colto dalla giusta ispirazione e decido che è il momento di fare la prima uscita con la moto da cross. Che cosa c'entra il motocross con la pesca? C'entra, in questo caso c'entra...
La pista prescelta per fare i miei primi quattro salti del 2014 è quella che frequento più assiduamente e che si trova in località Sette Sorelle, poco a sud di Santo Stino di Livenza (VE). La zona tra Santo Stino e la costa adriatica era un tempo una grande area paludosa, che è stata bonificata più di cent'anni fa con la costruzione di una rete di canali, scoli e idrovore, principalmente allo scopo di poter coltivare la terra. Questa zona è conosciuta come bonifica delle Sette Sorelle. La pista di motocross si trova lungo una diramazione laterale dello stradone che porta a Caorle, che è costeggiata da uno dei tanti canaletti di scolo della bonifica. L'aspetto di questo piccolo canale non è certamente un invito alla pesca, vista la scarsa larghezza e l'acqua stagnante di colore marroncino.
Gli anni scorsi, mentre percorrevamo la diramazione sterrata per arrivare alla pista buttavamo sempre un occhio al canaletto. Spesso notavamo alcuni pesci pascolare sotto il pelo dell'acqua e nei mesi più caldi li vedevamo boccheggiare in cerca di ossigeno. Stavolta, così per ridere, abbiamo deciso di non scaricare le canne da pesca dal furghino per avere la possibilità di buttare in acqua i nostri ami nel canaletto, sfruttando le pause tra un turno di allenamento in pista e un altro. Ho fatto il mio ingresso in pista verso le undici del mattino ed un secondo turno per mezzogiorno, poi abbiamo pranzato ed è arrivato il momento di mettere da parte la moto e pigliare in mano canna e mulinello. Ci siamo incamminati dal parcheggio della pista lungo la stradina sterrata per qualche centinaio di metri, fino a che non abbiamo trovato un punto comodo in cui la fila delle cannette lungo la riva s'interrompeva e lì ci siamo fermati. Abbiamo aperto le canne per la pesca a feeder e ci siamo subito accorti di aver lasciato in furgone la scatola coi bigattini. Abbiamo quindi usato i vermi del nostro composter. Dopo diverso tempo una delle nostre canne ha un sussulto, la Sbriffa ferra, ma a vuoto e addirittura la lenza col pasturatore vola fuori dall'acqua. E' un chiaro segnale che l'acqua è tutt'altro che profonda. Sarà tra il mezzo metro ed il metro a farla grande. Un conto è ferrare con forza in presenza dei cinque e più metri d'acqua corrente del Sile, ma in questo piccolo canaletto marroncino la forza non serve affatto. La forza non serve nemmeno per lanciare, ed il fatto di dover appena appoggiare i nostri finali in acqua ci mette addirittura in difficoltà. Siamo troppo abituati a fare lanci di potenza in lago e in fiumi come il Sile alla ricerca delle lunghe distanze e dosare al minimo il movimento del lancio risulta quasi più difficile. Nel frattempo un pesce grufolatore gratta il fondo presso la riva del canale alla nostra destra, creando delle nuvolette di fango nell'acqua. Mi avvicino per guardare meglio ma l'unica cosa chiara che riesco a distinguere è una bella pinna caudale che sporge leggermente sopra l'acqua. Dalla grandezza e dal colore della pinna si direbbe un bel pesciotto, forse un carassio, ma non si può dire con certezza. Lancio in quella zona e aspetto. Poi la Sbriffa, accompagnata dalla ragazza di un altro crossista che sta passando il tempo con noi decide di andare in furgone in cerca dei bigattini, per provare a vedere di smuovere il monte catture, sempre fermo a zero. Io, visto che ho ancora addosso gli stivali da motocross rimango lungo il fosso a far da guardia alle canne. Alla mia sinistra vedo un movimento sull'acqua. Tiro su la canna della Sbriffa e la lancio in quel punto. Bevo un sorso d'acqua. Il caldo è estivo ed il sole batte forte. Dopo qualche minuto in cui niente si muove decido di spostare la posizione della canna della Sbriffa e appena prendo in mano la canna sento un pesce dall'altra parte. Recupero brevemente e lo faccio salire verso la superficie: è un bel carassietto, niente di che, ma intanto un pesce c'è. Le donne ritornano con i bigattini, e scoprono la simpatica sorpresa.
Da lì in avanti, con gli ami armati di bigattini le catture si susseguono abbastanza regolarmente. Son tutti pesci molto piccoli, carassi e scardoline, che non fanno nemmeno muovere i sensibili cimini delle nostre canne. Facciamo anche a tempo a vedere una tartaruga nuotare a circa una ventina di metri da noi.
Ormai non manca molto alle cinque, sette otto pesci li abbiamo presi e così inizio a fare su la canna per tornare in pista a fare qualche altro giretto. La Sbriffa, vista l'assenza di qualsiasi movimento sul vettino della canna fa lo stesso, ma al contrario di me che ho tirato fuori dall'acqua un amo spoglio dice: "Ce l'ho!" E dopo qualche secondo: "Pino, è grosso..." Il combattimento ha inizio e poco dopo il pesce fa vedere un fianco sulla superficie dell'acqua. "E' una carpa!" dico io vedendo l'arancio delle pinne, e non sembra per niente piccola. La baffuta punta decisa il canneto a sinistra della nostra postazione e per evitare guai suggerisco alla Sbriffa di cercare per quanto possibile di tirarla verso destra sotto di noi, dove le canne non ci sono. La carpa si rifà vedere ed è davvero grossa, di certo più di quelle che abbiamo avuto la fortuna di prendere in inverno. Ora è sotto di noi e ci rendiamo conto di avere un grave problema: il guadino è in furgone. Chi avrebbe mai pensato di prendere una carpa del genere in un fosso? Tirarla su di peso per la canna sarebbe un'idea idiota e romperebbe come minimo il terminale lasciando la baffona con amo e terminale in bocca. Scendere la scarpata fino al pelo dell'acqua è praticamente impossibile: lo scalino tra la riva e l'acqua è troppo alto e melmoso per potercela fare. Occorre il guadino, punto e basta. Io con gli stivali da motocross avrei delle difficoltà a raggiungere il furgone velocemente, così ricevo dalla Sbriffa in consegna canna e carpa allegata mentre lei corre velocemente al furgone. Io spero con tutto me stesso che la baffona se ne stia buona e non faccia colpi di testa. Se per qualche motivo dovessi perderla sarebbe qualcosa di imperdonabile. All'inizio la carpona è un po' fastidiosetta e tenta di fuggire di nuovo verso il canneto a sinistra, ma un po' alla volta si calma. Forse inizia ad essere stanca e comincio ad essere io che la guido con la canna un po' a destra e un po' a sinistra. Dopo un tempo che mi è parso interminabile arriva all'orizzonte Denis, un ragazzo con cui ci vediamo spesso in pista da motocross e che ho scoperto essere pescatore proprio in questa occasione. In mano ha il guadino aperto. Anche lui si meraviglia della mole della regina, soprattutto considerato il contesto in cui è stata allamata.
Poco dopo arriva la Sbriffa, che con la sua caviglia malconcia non può permettersi di correre più di tanto. Denis allunga in acqua il guadino, che nonostante la buona lunghezza arriva giusto giusto, io muovo la carpa dentro la rete e lui la tira su. Il manico del guadino flette per il peso, ma per fortuna tutto fila liscio ed è tempo di estrarre la macchina fotografica:
La signora carpa misura 51 centimetri, ben 10 in più di quella più grossa che avevo preso sul Grassaga. La Sbriffa abbatte così un nuovo record dei pescadoret della domenica, allungando la lista dei suoi primati personali, che in pratica comprendono tutte le specie di ciprinidi. Tra l'altro è il pesce più grosso in assoluto che abbia mai preso nella sua carriera di pescatrice, ed è a dir poco raggiante, come è giusto che sia! Dopo le foto di rito adagiamo la baffona dentro al guadino e la caliamo giù. Dopo qualche secondo di fermo per riprendersi dall'avventura fuori dall'acqua, con qualche pinnata se ne ritorna sul fondo del fosso.
Mentre torniamo al parcheggio della pista siamo stupefatti di quanto è successo e da come in un piccolo canale di scolo si possa pescare una carpa regina di oltre mezzo metro. A ben vedere però in un canaletto come questo è forse più facile avere buoni risultati per chi è poco esperto come noi, dal momento che un posto così non è certamente sottoposto a forti pressioni di pesca e quindi i pesci sono probabilmente meno diffidenti e selettivi rispetto a quelli presenti in fiumi frequentati e nei campi gara fissi. Ad ogni modo per oggi abbiamo di che stare contenti!
lunedì 28 aprile 2014
lunedì 14 aprile 2014
Ritorno al Lago di Zoccolo (in versione primaverile)
Sono passati quasi sei mesi dalla nostra ultima uscita in un lago alpino. precisamente al lago di Zoccolo in Val d'Ultimo (BZ) (http://pescadoretdelladomenica.blogspot.it/2013/10/pesca-al-lago-di-zoccolo-santa-valburga.html).
Da quei primi giorni di ottobre 2013 ad oggi la nostra avventura di pescadoret della domenica si è arricchita di numerose uscite di pesca, che tra alti e bassi ci stanno facendo maturare e accumulare della sana esperienza.
In occasione della fortunata uscita sull'Adige a Vilpiano (BZ) in febbraio abbiamo chiesto al grande Horst di Haus Winkler di prenotarci un alloggio per il weekend del 12/13 aprile. La nostra intenzione era di dedicare il sabato ad un'oretta di tennis, una passeggiata ed a qualche corroborante e rilassante ora di terme a Merano, e di fare le cose serie alla giornata di domenica. Per cose serie s'intende pescare, ovviamente. Il nostro programma è stato supportato dal meteo, che sebbene con qualche bizza ha retto per tutto il weekend. La cosa non era così scontata prima di partire, dal momento che le previsioni davano come probabile una debole pioggia per tutto il sabato e per la mattinata di domenica. Il sabato mattina, prima di dedicarci al tennis, siamo andati da Jawag a Marlengo per fare i permessi di pesca e prendere una scatola di lombrichi. Per chi ama l'abbigliamento da caccia e pesca di alta qualità la sosta in questo negozio potrebbe provocare scompensi cardiaci! Tra maglioni, pantaloni giacche e gilet c'è da rifarsi gli occhi... e per chi non ha problemi di soldi c'è da rifarsi il guardaroba. Siamo usciti dalla porta contenti, con i nostri bei permessi in mano. Ci attendeva un ora di tennis a Merano. La nostra giornata è proseguita come da copione alle terme. Una debole pioggia è caduta mentre eravamo in ammollo nelle vasche all'esterno nel primo pomeriggio, ma non era fastidiosa. Più che altro era preoccupante in ottica pesca l'indomani. Alla sera il nostro fisico, provato da una giornata in costante movimento, ci ha abbandonato molto presto, tanto che alle dieci eravamo già stesi a letto pronti a dormire.
Ci siamo alzati la domenica mattina verso le sette e mezza e fuori dalla finestra il colore dominante era il grigio del cielo, se si esclude il verde/bianco dei meleti in fiore. Almeno niente pioggia. Come nostra abitudine abbiamo fatto tutto con estrema calma. Dopo una buona colazione, rimaneva la triste operazione di caricare la macchina prima di andare a pesca. Abbiamo salutato Horst verso le nove e mezza, ma prima di andare a pescare ci siamo concessi una sosta da Hofladen Mooshausl a Terlano a comprare degli asparagi stupendi e freschissimi. Fatta anche questa sosta gastronomica non rimaneva che colmare la trentina di km che ci separavano dalle sponde del lago di Zoccolo a Santa Valburga. A dirla tutta quando abbiamo fermato l'alloggio in febbraio avevamo pensato ad altre mete per la nostra domenica a pesca. Pensavamo principalmente al lago di Rio Pusteria o a ritornare sull'Adige, ma la settimana prima di partire abbiamo scoperto che il lago di Zoccolo era già aperto e non abbiamo saputo resistere alla tentazione... per me di ripetere la bella pescata di ottobre 2013 e per la Sbriffa di "vendicare" il cappotto in quella occasione.
Alle dieci e mezza circa siamo arrivati nella stessa zona in cui avevamo pescato la volta precedente, ma ad attenderci abbiamo trovato una grossa sorpresa: il lago sembrava sparito!
Ovviamente il lago non era sparito, ma era più basso di almeno una trentina di metri rispetto a sei mesi prima, tant'è vero che abbiamo parcheggiato la macchina dove a ottobre 2013 c'erano almeno un paio di metri d'acqua!
Un po' scioccati dalla visione della pietraia desolata che aveva preso il posto dell'acqua, abbiamo impiegato un po' di tempo a decidere la zona in cui posizionarci per pescare. Sulle sponde c'erano già una dozzina di pescatori, che essendo del posto presumibilmente avevano occupato i posti produttivi o almeno più agevoli. Non ci siamo scoraggiati e abbiamo individuato un angolino sulla sponda sinistra su cui poggiare le nostre cose e iniziare la pescata. Mentre scendevamo la china verso la sponda attuale del lago sferzati da una vento freddo e insistente ho pensato due cose, una semiseria ed una seria. Quella semiseria era che con così poca acqua (poca rispetto al livello normale del lago) la concentrazione di pesci sarebbe stata più elevata... La cosa seria invece era che in queste condizioni si poteva fare una sorta di radiografia alle sponde del lago per studiare il modo in cui digradavano verso il fondo e verificare la presenza di eventuali "gradini" o zone poco profonde. Una cosa molto utile e da tenere a mente per una futura uscita di pesca con l'acqua a livello normale. Non eravamo distanti dalla posta in cui avevamo deciso di metterci e osservando la sponda in quel particolare tratto mi rendevo conto del perché sei mesi prima in quella zona non avevo preso nemmeno un incaglio: non c'erano rocce o massi, ma solo un ripido piano inclinato di ghiaia e terriccio. Finalmente abbiamo raggiunto la sponda e velocemente abbiamo allestito una canna a fondo ed una a spinning per iniziare. Poi dal momento che la pesca è permessa con due canne ci saremmo presi il tempo di allestirne almeno un'altra. Pronti, via! La Sbriffa parte con canna feeder, montatura paternoster con un temolino da 40 g al posto del pasturatore e due bei metri di finale armato di amo con apertura di oltre un centimetro come da regolamento. L'esca è un bel lombrico vivace. Io invece parto a spinning, attaccando un Martin 9 grammi a corpo giallo. Un inizio pesca che è ormai il più prevedibile dei classici per quanto mi riguarda. Dopo qualche lancio ho presto capito che a spinning non avrei avuto vita facile, almeno non in quel punto. Dalla riva si estendeva una secca di diversi metri che i miei lanci, ostacolati dal vento forte, arrivavano a malapena a superare. In fase di recupero una volta entrato nella zona della secca percepivo chiaramente il cucchiaino che raspava il fondale. Non era sicuramente una bella cosa. Mentre sondo varie direttrici coi miei lanci la cima della canna della Sbriffa è mossa da una serie di scossoni. La ferrata non si fa attendere e dall'altra parte il pesce c'è! Mollo tutto, afferro il guadino e mi preparo a ricevere la preda. Presto il pesce si fa vedere e finisce nel guadino. E' una iridea di buone dimensioni e la Sbriffa esplode di gioia!
Sono le undici e un quarto del mattino e la Sbriffa può scrivere IRIDEA - 37 CM sul permesso di pesca! La sua felicità è incontenibile, è la sua prima cattura in un lago alpino e può metter definitivamente in archivio il cappotto di ottobre 2013.
Ci diamo un cinque e riprendiamo a pescare. Mi sposto di qualche decina di metri a destra verso la coda del lago, per vedere se anche lì ci sono problemi di secca. Sparo il primo lancio e a fine recupero incredibilmente ho un attacco. Porto il pesce a riva, è una fario e mi sembra piccola, per cui corro verso la Sbriffa per misurarla. La trotella supera di 3 centimetri la misura minima.
La Sbriffa segna sul mio permesso FARIO - 30 CM. Uno a uno e palla al centro!
Decidiamo di spostarci entrambi verso il punto in cui ho catturato la fario in quanto il fondale sembra essere migliore. Il vento non cala di niente e continua a pelarci la faccia. Allestiamo la seconda canna per la pesca a fondo, con la stessa identica configurazione dell'altra. E' circa mezzogiorno e mezzo quando praticamente in contemporanea la Sbriffa ha un pesce in canna e pure grossetto e mentre insisto in un punto con un Mepps 4 argento con pallini azzurri incanno una iridea! La mia iridea misura 34 centimetri, ma la fario della Sbriffa ne fa addirittura 41!
E' un pesce bellissimo e come le altre fario prese allo Zoccolo sembra ibridata con la lacustre. I puntini rossi sono pochi e il colore di fondo tende più all'argentato che al tipico colore della fario. In un paio d'ore siamo a quota 4 pesci ed abbiamo avuto successo sia a fondo che a spinning.
Mi allontano per fare pipì e ne approfitto per fare alcune foto dall'alto. Ora che c'è un po' di sole si distingue chiaramente la zona di secca di fronte alla piccola penisola da cui pescavamo, mentre sembra meglio dove si trova la Sbriffa, che è un puntino sulla riva...
Una mezz'ora più tardi, mentre stiamo chiacchierando noto che il filo della mia canna non è più teso ed anzi è davvero lasco. Ripristino la tensione del filo e per non saper né leggere né scrivere ferro. All'altro capo del filo non riesco a capire che cosa stia succedendo. All'inizio sembra niente, poi mi pare di incagliare, poi recupero e a pochi metri da riva mi accorgo di aver preso un'altra trota. Stavolta è una lacustre di 30 centimetri a finire nel guadino. Siamo a quota 5 trote in totale e possiamo dire che siamo molto felici della giornata, anche perché il meteo va migliorando e il sole mitiga un po' l'effetto freddo del vento.
A stretto giro la Sbriffa risponde al mio terzo pesce, mentre sta recuperando il suo finale "pompando" con la canna e recuperando filo col mulinello alternativamente. E' una lacustre di 33 centimetri, che è probabilmente caduta vittima dell'invitante roteare del lombrico sott'acqua.
Nel frattempo il nostro vicino di pesca ha fatto su le canne abbandonando la sua postazione ed io da bravo avvoltoio monto un Mepps Black Fury sulla canna a spinning e mi piazzo al suo posto in cerca di fortuna. Dopo una decina di lanci la mia scelta sembra avere successo perché arriva una bella mangiata. L'iridea che s'era attaccata però con un gran salto sopra l'acqua si libera del cucchiaino e quella che poteva essere quota si trasforma in rammarico per l'occasione persa. Provo ad insistere, ma nessun pesce pare aver fame di ferraglia, per cui rifaccio il centinaio di metri a ritroso per riunirmi alla Sbriffa. Mentre mi avvicino a lei capisco dalla piega della canna che è lei ad essere ad un passo dal fare quota! Corro a darle una mano col guadino e mi grida che non è una trota. Spero tanto sia un bel salmerino...ma una volta guadinato "purtroppo" si rivela essere una iridea di 40 cm dai colori bellissimi!
Sono circa le quattro e mezzo di pomeriggio e per la Sbriffa è missione compiuta! Ha fatto quota al lago di Zoccolo, cancellando lo zero del 2013. dire che sia contenta non rende l'idea del suo stato d'animo! Ora sta a me vedere di pareggiare i conti e fare quota a mia volta. Lascio giù la canna a fondo e insisto con lo spinning, ma non ho esito. Verso le cinque smonto la canna da spinning e affido le mie speranze di cattura solo alla canna armata per la pesca a fondo. I miei lanci non sono per nulla precisi. Probabilmente le sei ore in piedi a pesca si fanno sentire, ma non ho la minima intenzione di mollare. Il fatto è che si sta facendo tardi e abbiamo più di tre ore di macchina da fare per tornare a casa, per cui il tempo stringe e se non combinerò niente nel giro di qualche decina di minuti volente o nolente dovrò accontentarmi (si fa per dire) di tre trote. La Sbriffa mi consiglia di adottare la sua tecnica di recupero con le pompate di canna. Ci provo anch'io e quando ormai siamo agli sgoccioli col tempo a nostra disposizione arriva la mia quarta trota, che non vuole saperne di farsi guadinare. Ho quasi paura che si stacchi, ma alla fine la portiamo a riva. E' una fario "vera", con una vivace puntinatura rossa.
Non è sicuramente un esemplare da record, ma è decisamente fotogenica! E' arrivata l'ora anche per me di riporre la canna. Mentre risaliamo la riva verso la macchina ci accorgiamo della grande stanchezza che rende pesanti le nostre gambe, ma questa è ampiamente compensata dall'esito più che felice della nostra pescata.
Da quei primi giorni di ottobre 2013 ad oggi la nostra avventura di pescadoret della domenica si è arricchita di numerose uscite di pesca, che tra alti e bassi ci stanno facendo maturare e accumulare della sana esperienza.
In occasione della fortunata uscita sull'Adige a Vilpiano (BZ) in febbraio abbiamo chiesto al grande Horst di Haus Winkler di prenotarci un alloggio per il weekend del 12/13 aprile. La nostra intenzione era di dedicare il sabato ad un'oretta di tennis, una passeggiata ed a qualche corroborante e rilassante ora di terme a Merano, e di fare le cose serie alla giornata di domenica. Per cose serie s'intende pescare, ovviamente. Il nostro programma è stato supportato dal meteo, che sebbene con qualche bizza ha retto per tutto il weekend. La cosa non era così scontata prima di partire, dal momento che le previsioni davano come probabile una debole pioggia per tutto il sabato e per la mattinata di domenica. Il sabato mattina, prima di dedicarci al tennis, siamo andati da Jawag a Marlengo per fare i permessi di pesca e prendere una scatola di lombrichi. Per chi ama l'abbigliamento da caccia e pesca di alta qualità la sosta in questo negozio potrebbe provocare scompensi cardiaci! Tra maglioni, pantaloni giacche e gilet c'è da rifarsi gli occhi... e per chi non ha problemi di soldi c'è da rifarsi il guardaroba. Siamo usciti dalla porta contenti, con i nostri bei permessi in mano. Ci attendeva un ora di tennis a Merano. La nostra giornata è proseguita come da copione alle terme. Una debole pioggia è caduta mentre eravamo in ammollo nelle vasche all'esterno nel primo pomeriggio, ma non era fastidiosa. Più che altro era preoccupante in ottica pesca l'indomani. Alla sera il nostro fisico, provato da una giornata in costante movimento, ci ha abbandonato molto presto, tanto che alle dieci eravamo già stesi a letto pronti a dormire.
Ci siamo alzati la domenica mattina verso le sette e mezza e fuori dalla finestra il colore dominante era il grigio del cielo, se si esclude il verde/bianco dei meleti in fiore. Almeno niente pioggia. Come nostra abitudine abbiamo fatto tutto con estrema calma. Dopo una buona colazione, rimaneva la triste operazione di caricare la macchina prima di andare a pesca. Abbiamo salutato Horst verso le nove e mezza, ma prima di andare a pescare ci siamo concessi una sosta da Hofladen Mooshausl a Terlano a comprare degli asparagi stupendi e freschissimi. Fatta anche questa sosta gastronomica non rimaneva che colmare la trentina di km che ci separavano dalle sponde del lago di Zoccolo a Santa Valburga. A dirla tutta quando abbiamo fermato l'alloggio in febbraio avevamo pensato ad altre mete per la nostra domenica a pesca. Pensavamo principalmente al lago di Rio Pusteria o a ritornare sull'Adige, ma la settimana prima di partire abbiamo scoperto che il lago di Zoccolo era già aperto e non abbiamo saputo resistere alla tentazione... per me di ripetere la bella pescata di ottobre 2013 e per la Sbriffa di "vendicare" il cappotto in quella occasione.
Alle dieci e mezza circa siamo arrivati nella stessa zona in cui avevamo pescato la volta precedente, ma ad attenderci abbiamo trovato una grossa sorpresa: il lago sembrava sparito!
Ovviamente il lago non era sparito, ma era più basso di almeno una trentina di metri rispetto a sei mesi prima, tant'è vero che abbiamo parcheggiato la macchina dove a ottobre 2013 c'erano almeno un paio di metri d'acqua!
Un po' scioccati dalla visione della pietraia desolata che aveva preso il posto dell'acqua, abbiamo impiegato un po' di tempo a decidere la zona in cui posizionarci per pescare. Sulle sponde c'erano già una dozzina di pescatori, che essendo del posto presumibilmente avevano occupato i posti produttivi o almeno più agevoli. Non ci siamo scoraggiati e abbiamo individuato un angolino sulla sponda sinistra su cui poggiare le nostre cose e iniziare la pescata. Mentre scendevamo la china verso la sponda attuale del lago sferzati da una vento freddo e insistente ho pensato due cose, una semiseria ed una seria. Quella semiseria era che con così poca acqua (poca rispetto al livello normale del lago) la concentrazione di pesci sarebbe stata più elevata... La cosa seria invece era che in queste condizioni si poteva fare una sorta di radiografia alle sponde del lago per studiare il modo in cui digradavano verso il fondo e verificare la presenza di eventuali "gradini" o zone poco profonde. Una cosa molto utile e da tenere a mente per una futura uscita di pesca con l'acqua a livello normale. Non eravamo distanti dalla posta in cui avevamo deciso di metterci e osservando la sponda in quel particolare tratto mi rendevo conto del perché sei mesi prima in quella zona non avevo preso nemmeno un incaglio: non c'erano rocce o massi, ma solo un ripido piano inclinato di ghiaia e terriccio. Finalmente abbiamo raggiunto la sponda e velocemente abbiamo allestito una canna a fondo ed una a spinning per iniziare. Poi dal momento che la pesca è permessa con due canne ci saremmo presi il tempo di allestirne almeno un'altra. Pronti, via! La Sbriffa parte con canna feeder, montatura paternoster con un temolino da 40 g al posto del pasturatore e due bei metri di finale armato di amo con apertura di oltre un centimetro come da regolamento. L'esca è un bel lombrico vivace. Io invece parto a spinning, attaccando un Martin 9 grammi a corpo giallo. Un inizio pesca che è ormai il più prevedibile dei classici per quanto mi riguarda. Dopo qualche lancio ho presto capito che a spinning non avrei avuto vita facile, almeno non in quel punto. Dalla riva si estendeva una secca di diversi metri che i miei lanci, ostacolati dal vento forte, arrivavano a malapena a superare. In fase di recupero una volta entrato nella zona della secca percepivo chiaramente il cucchiaino che raspava il fondale. Non era sicuramente una bella cosa. Mentre sondo varie direttrici coi miei lanci la cima della canna della Sbriffa è mossa da una serie di scossoni. La ferrata non si fa attendere e dall'altra parte il pesce c'è! Mollo tutto, afferro il guadino e mi preparo a ricevere la preda. Presto il pesce si fa vedere e finisce nel guadino. E' una iridea di buone dimensioni e la Sbriffa esplode di gioia!
Sono le undici e un quarto del mattino e la Sbriffa può scrivere IRIDEA - 37 CM sul permesso di pesca! La sua felicità è incontenibile, è la sua prima cattura in un lago alpino e può metter definitivamente in archivio il cappotto di ottobre 2013.
Ci diamo un cinque e riprendiamo a pescare. Mi sposto di qualche decina di metri a destra verso la coda del lago, per vedere se anche lì ci sono problemi di secca. Sparo il primo lancio e a fine recupero incredibilmente ho un attacco. Porto il pesce a riva, è una fario e mi sembra piccola, per cui corro verso la Sbriffa per misurarla. La trotella supera di 3 centimetri la misura minima.
La Sbriffa segna sul mio permesso FARIO - 30 CM. Uno a uno e palla al centro!
Decidiamo di spostarci entrambi verso il punto in cui ho catturato la fario in quanto il fondale sembra essere migliore. Il vento non cala di niente e continua a pelarci la faccia. Allestiamo la seconda canna per la pesca a fondo, con la stessa identica configurazione dell'altra. E' circa mezzogiorno e mezzo quando praticamente in contemporanea la Sbriffa ha un pesce in canna e pure grossetto e mentre insisto in un punto con un Mepps 4 argento con pallini azzurri incanno una iridea! La mia iridea misura 34 centimetri, ma la fario della Sbriffa ne fa addirittura 41!
E' un pesce bellissimo e come le altre fario prese allo Zoccolo sembra ibridata con la lacustre. I puntini rossi sono pochi e il colore di fondo tende più all'argentato che al tipico colore della fario. In un paio d'ore siamo a quota 4 pesci ed abbiamo avuto successo sia a fondo che a spinning.
Mi allontano per fare pipì e ne approfitto per fare alcune foto dall'alto. Ora che c'è un po' di sole si distingue chiaramente la zona di secca di fronte alla piccola penisola da cui pescavamo, mentre sembra meglio dove si trova la Sbriffa, che è un puntino sulla riva...
Una mezz'ora più tardi, mentre stiamo chiacchierando noto che il filo della mia canna non è più teso ed anzi è davvero lasco. Ripristino la tensione del filo e per non saper né leggere né scrivere ferro. All'altro capo del filo non riesco a capire che cosa stia succedendo. All'inizio sembra niente, poi mi pare di incagliare, poi recupero e a pochi metri da riva mi accorgo di aver preso un'altra trota. Stavolta è una lacustre di 30 centimetri a finire nel guadino. Siamo a quota 5 trote in totale e possiamo dire che siamo molto felici della giornata, anche perché il meteo va migliorando e il sole mitiga un po' l'effetto freddo del vento.
A stretto giro la Sbriffa risponde al mio terzo pesce, mentre sta recuperando il suo finale "pompando" con la canna e recuperando filo col mulinello alternativamente. E' una lacustre di 33 centimetri, che è probabilmente caduta vittima dell'invitante roteare del lombrico sott'acqua.
Nel frattempo il nostro vicino di pesca ha fatto su le canne abbandonando la sua postazione ed io da bravo avvoltoio monto un Mepps Black Fury sulla canna a spinning e mi piazzo al suo posto in cerca di fortuna. Dopo una decina di lanci la mia scelta sembra avere successo perché arriva una bella mangiata. L'iridea che s'era attaccata però con un gran salto sopra l'acqua si libera del cucchiaino e quella che poteva essere quota si trasforma in rammarico per l'occasione persa. Provo ad insistere, ma nessun pesce pare aver fame di ferraglia, per cui rifaccio il centinaio di metri a ritroso per riunirmi alla Sbriffa. Mentre mi avvicino a lei capisco dalla piega della canna che è lei ad essere ad un passo dal fare quota! Corro a darle una mano col guadino e mi grida che non è una trota. Spero tanto sia un bel salmerino...ma una volta guadinato "purtroppo" si rivela essere una iridea di 40 cm dai colori bellissimi!
Sono circa le quattro e mezzo di pomeriggio e per la Sbriffa è missione compiuta! Ha fatto quota al lago di Zoccolo, cancellando lo zero del 2013. dire che sia contenta non rende l'idea del suo stato d'animo! Ora sta a me vedere di pareggiare i conti e fare quota a mia volta. Lascio giù la canna a fondo e insisto con lo spinning, ma non ho esito. Verso le cinque smonto la canna da spinning e affido le mie speranze di cattura solo alla canna armata per la pesca a fondo. I miei lanci non sono per nulla precisi. Probabilmente le sei ore in piedi a pesca si fanno sentire, ma non ho la minima intenzione di mollare. Il fatto è che si sta facendo tardi e abbiamo più di tre ore di macchina da fare per tornare a casa, per cui il tempo stringe e se non combinerò niente nel giro di qualche decina di minuti volente o nolente dovrò accontentarmi (si fa per dire) di tre trote. La Sbriffa mi consiglia di adottare la sua tecnica di recupero con le pompate di canna. Ci provo anch'io e quando ormai siamo agli sgoccioli col tempo a nostra disposizione arriva la mia quarta trota, che non vuole saperne di farsi guadinare. Ho quasi paura che si stacchi, ma alla fine la portiamo a riva. E' una fario "vera", con una vivace puntinatura rossa.
Non è sicuramente un esemplare da record, ma è decisamente fotogenica! E' arrivata l'ora anche per me di riporre la canna. Mentre risaliamo la riva verso la macchina ci accorgiamo della grande stanchezza che rende pesanti le nostre gambe, ma questa è ampiamente compensata dall'esito più che felice della nostra pescata.
martedì 1 aprile 2014
Quanti cappotti in zona A...
Dopo le belle e fruttuose uscite sul Negrisiola, sul Monticano e sul Meolo, sembrava che tutto fosse facile e che ogni uscita ci riservasse soddisfazioni. Beh, ci sbagliavamo. Tra uscite in solitaria e in coppia abbiamo inanellato una serie infinita di cappotti! Siamo andati sul Lago Morto (foto sopra) per ben due volte, e in due pomeriggi spesi a insidiare trote abbiamo preso un persico reale di dieci centimetri e nient'altro.
Sono andato con mio padre al fiume Resteggia, un piccolo corso d'acqua di risorgiva, per provare a catturare qualche trota. Il posto, in località Vallonto (TV) è bellissimo:
Ci sono tratti di acqua lenta alternati a rapide e correntoni. Abbiamo provato a spinning, a fondo, a galleggiante... senza alcun risultato! Nemmeno una mangiata.
Sono andato da solo un pomeriggio sul Piave:
Sono partito sapendo che l'impresa di pescare qualcosa era ben al di sopra delle mie possibilità, ed in effetti così è stata.
Almeno ho testato i waders in neoprene nuovi...
La sequenza di cappotti in acque salmonicole è continuata al Negrisiola, ma in un'altra zona rispetto all'uscita di pesca all'apertura. Tra mio padre, io ed altri 5 o forse più pescatori che affollavano la riva, nessuno è stato capace di beccare un pesce che fosse uno! Una intera mattina senza vedere una mangiata...
Ci ho riprovato sul fiume Lia. Si tratta di un altro corso d'acqua di risorgiva, con una buona portata ed un'acqua che a vederla fa venir voglia di berla da tanto è limpida e pulita.
Alle otto e mezzo del mattino sono sulla riva. Un pescatore sta battendo la zona a monte di dove mi trovo. Va a spinning, come ho intenzione di fare anch'io. Parto col piccolo vibrax dell'uno e dopo alcuni lanci arriva la mangiata. Tempo di vedere il fianco del pesce che si dibatte in acqua e si è già staccato. Insisto in quella zona e dopo altri tre quattro lanci arriva di nuovo il botto! Stavolta il pesce è agganciato, ma dopo un paio di salti sull'acqua il cucchiaino vola schivando di poco la mia faccia e cade sull'erba. Dopo una punturata del genere quella trota non avrebbe più mangiato per un po'. Ho provato a risalire il fiume, ho anche visto un paio di pesci muoversi sott'acqua, ma come aveva detto l'altro pescatore "nemmeno un attacco". Morale della fiaba: cappotto con una mangiata, ma sempre cappotto!
La sequenza di cappotti in zona A finisce sabato 29 marzo, anche se non per me. La Sbriffa ed io siamo sul Resteggia, nello stesso tratto dove ho cappottato un paio di settimane prima con mio papà. La prima parte del pomeriggio trascorre in calma piatta. Imparrucco addirittura due volte, intuendo che per me non sarebbe stata giornata. Ci spostiamo a valle camminando nell'erba alta sopra l'argine. Poi verso le cinque ricominciamo a risalire. La Sbriffa va a fondo usando uno dei prototipi di temolino che ho costruito. Finalmente si leva una voce: "Ce l'ho!" La Sbriffa recupera un bello scardolone di circa 30 centimetri!
Poco più tardi a darmi conferma della mia poca fortuna in questo pomeriggio di pesca ci pensano alcune trote "allergiche" al ferro. Una mangia su un correntone e si sgancia. Un'altra, piuttosto piccola, mangia nei pressi di una buca poco distante dalla zona dello scardolone e dopo un salto sull'acqua si slama e la vedo andare a rifugiarsi tra le alghe sotto ai miei piedi. Un terzo pesce, che sembrava un cavedano o comunque un ciprinide (ma non ci giurerei) azzanna il cucchiaino per risputarlo immediatamente, il tutto appena sotto il pelo dell'acqua così che potessi gustarmi la scena. Per finire un trotone di almeno 8 etti mi sguazza sotto gli stivali e scompare nell'acqua più profonda, insensibile alle nostre esche. Facciamo a tempo a goderci lo spettacolo di due scoiattoli che saltano da un albero all'altro contro il cielo al tramonto e ci incamminiamo stanchi verso casa. Nonostante un po' di sfortuna son contento lo stesso. A forza di perderne arriverà il momento che qualcosa rimarrà attaccato, è una questione statistica...
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