Venerdì 25 aprile 2014. Finalmente, dopo quattro mesi dall'inizio dell'anno sono colto dalla giusta ispirazione e decido che è il momento di fare la prima uscita con la moto da cross. Che cosa c'entra il motocross con la pesca? C'entra, in questo caso c'entra...
La pista prescelta per fare i miei primi quattro salti del 2014 è quella che frequento più assiduamente e che si trova in località Sette Sorelle, poco a sud di Santo Stino di Livenza (VE). La zona tra Santo Stino e la costa adriatica era un tempo una grande area paludosa, che è stata bonificata più di cent'anni fa con la costruzione di una rete di canali, scoli e idrovore, principalmente allo scopo di poter coltivare la terra. Questa zona è conosciuta come bonifica delle Sette Sorelle. La pista di motocross si trova lungo una diramazione laterale dello stradone che porta a Caorle, che è costeggiata da uno dei tanti canaletti di scolo della bonifica. L'aspetto di questo piccolo canale non è certamente un invito alla pesca, vista la scarsa larghezza e l'acqua stagnante di colore marroncino.
Gli anni scorsi, mentre percorrevamo la diramazione sterrata per arrivare alla pista buttavamo sempre un occhio al canaletto. Spesso notavamo alcuni pesci pascolare sotto il pelo dell'acqua e nei mesi più caldi li vedevamo boccheggiare in cerca di ossigeno. Stavolta, così per ridere, abbiamo deciso di non scaricare le canne da pesca dal furghino per avere la possibilità di buttare in acqua i nostri ami nel canaletto, sfruttando le pause tra un turno di allenamento in pista e un altro. Ho fatto il mio ingresso in pista verso le undici del mattino ed un secondo turno per mezzogiorno, poi abbiamo pranzato ed è arrivato il momento di mettere da parte la moto e pigliare in mano canna e mulinello. Ci siamo incamminati dal parcheggio della pista lungo la stradina sterrata per qualche centinaio di metri, fino a che non abbiamo trovato un punto comodo in cui la fila delle cannette lungo la riva s'interrompeva e lì ci siamo fermati. Abbiamo aperto le canne per la pesca a feeder e ci siamo subito accorti di aver lasciato in furgone la scatola coi bigattini. Abbiamo quindi usato i vermi del nostro composter. Dopo diverso tempo una delle nostre canne ha un sussulto, la Sbriffa ferra, ma a vuoto e addirittura la lenza col pasturatore vola fuori dall'acqua. E' un chiaro segnale che l'acqua è tutt'altro che profonda. Sarà tra il mezzo metro ed il metro a farla grande. Un conto è ferrare con forza in presenza dei cinque e più metri d'acqua corrente del Sile, ma in questo piccolo canaletto marroncino la forza non serve affatto. La forza non serve nemmeno per lanciare, ed il fatto di dover appena appoggiare i nostri finali in acqua ci mette addirittura in difficoltà. Siamo troppo abituati a fare lanci di potenza in lago e in fiumi come il Sile alla ricerca delle lunghe distanze e dosare al minimo il movimento del lancio risulta quasi più difficile. Nel frattempo un pesce grufolatore gratta il fondo presso la riva del canale alla nostra destra, creando delle nuvolette di fango nell'acqua. Mi avvicino per guardare meglio ma l'unica cosa chiara che riesco a distinguere è una bella pinna caudale che sporge leggermente sopra l'acqua. Dalla grandezza e dal colore della pinna si direbbe un bel pesciotto, forse un carassio, ma non si può dire con certezza. Lancio in quella zona e aspetto. Poi la Sbriffa, accompagnata dalla ragazza di un altro crossista che sta passando il tempo con noi decide di andare in furgone in cerca dei bigattini, per provare a vedere di smuovere il monte catture, sempre fermo a zero. Io, visto che ho ancora addosso gli stivali da motocross rimango lungo il fosso a far da guardia alle canne. Alla mia sinistra vedo un movimento sull'acqua. Tiro su la canna della Sbriffa e la lancio in quel punto. Bevo un sorso d'acqua. Il caldo è estivo ed il sole batte forte. Dopo qualche minuto in cui niente si muove decido di spostare la posizione della canna della Sbriffa e appena prendo in mano la canna sento un pesce dall'altra parte. Recupero brevemente e lo faccio salire verso la superficie: è un bel carassietto, niente di che, ma intanto un pesce c'è. Le donne ritornano con i bigattini, e scoprono la simpatica sorpresa.
Da lì in avanti, con gli ami armati di bigattini le catture si susseguono abbastanza regolarmente. Son tutti pesci molto piccoli, carassi e scardoline, che non fanno nemmeno muovere i sensibili cimini delle nostre canne. Facciamo anche a tempo a vedere una tartaruga nuotare a circa una ventina di metri da noi.
Ormai non manca molto alle cinque, sette otto pesci li abbiamo presi e così inizio a fare su la canna per tornare in pista a fare qualche altro giretto. La Sbriffa, vista l'assenza di qualsiasi movimento sul vettino della canna fa lo stesso, ma al contrario di me che ho tirato fuori dall'acqua un amo spoglio dice: "Ce l'ho!" E dopo qualche secondo: "Pino, è grosso..." Il combattimento ha inizio e poco dopo il pesce fa vedere un fianco sulla superficie dell'acqua. "E' una carpa!" dico io vedendo l'arancio delle pinne, e non sembra per niente piccola. La baffuta punta decisa il canneto a sinistra della nostra postazione e per evitare guai suggerisco alla Sbriffa di cercare per quanto possibile di tirarla verso destra sotto di noi, dove le canne non ci sono. La carpa si rifà vedere ed è davvero grossa, di certo più di quelle che abbiamo avuto la fortuna di prendere in inverno. Ora è sotto di noi e ci rendiamo conto di avere un grave problema: il guadino è in furgone. Chi avrebbe mai pensato di prendere una carpa del genere in un fosso? Tirarla su di peso per la canna sarebbe un'idea idiota e romperebbe come minimo il terminale lasciando la baffona con amo e terminale in bocca. Scendere la scarpata fino al pelo dell'acqua è praticamente impossibile: lo scalino tra la riva e l'acqua è troppo alto e melmoso per potercela fare. Occorre il guadino, punto e basta. Io con gli stivali da motocross avrei delle difficoltà a raggiungere il furgone velocemente, così ricevo dalla Sbriffa in consegna canna e carpa allegata mentre lei corre velocemente al furgone. Io spero con tutto me stesso che la baffona se ne stia buona e non faccia colpi di testa. Se per qualche motivo dovessi perderla sarebbe qualcosa di imperdonabile. All'inizio la carpona è un po' fastidiosetta e tenta di fuggire di nuovo verso il canneto a sinistra, ma un po' alla volta si calma. Forse inizia ad essere stanca e comincio ad essere io che la guido con la canna un po' a destra e un po' a sinistra. Dopo un tempo che mi è parso interminabile arriva all'orizzonte Denis, un ragazzo con cui ci vediamo spesso in pista da motocross e che ho scoperto essere pescatore proprio in questa occasione. In mano ha il guadino aperto. Anche lui si meraviglia della mole della regina, soprattutto considerato il contesto in cui è stata allamata.
Poco dopo arriva la Sbriffa, che con la sua caviglia malconcia non può permettersi di correre più di tanto. Denis allunga in acqua il guadino, che nonostante la buona lunghezza arriva giusto giusto, io muovo la carpa dentro la rete e lui la tira su. Il manico del guadino flette per il peso, ma per fortuna tutto fila liscio ed è tempo di estrarre la macchina fotografica:
La signora carpa misura 51 centimetri, ben 10 in più di quella più grossa che avevo preso sul Grassaga. La Sbriffa abbatte così un nuovo record dei pescadoret della domenica, allungando la lista dei suoi primati personali, che in pratica comprendono tutte le specie di ciprinidi. Tra l'altro è il pesce più grosso in assoluto che abbia mai preso nella sua carriera di pescatrice, ed è a dir poco raggiante, come è giusto che sia! Dopo le foto di rito adagiamo la baffona dentro al guadino e la caliamo giù. Dopo qualche secondo di fermo per riprendersi dall'avventura fuori dall'acqua, con qualche pinnata se ne ritorna sul fondo del fosso.
Mentre torniamo al parcheggio della pista siamo stupefatti di quanto è successo e da come in un piccolo canale di scolo si possa pescare una carpa regina di oltre mezzo metro. A ben vedere però in un canaletto come questo è forse più facile avere buoni risultati per chi è poco esperto come noi, dal momento che un posto così non è certamente sottoposto a forti pressioni di pesca e quindi i pesci sono probabilmente meno diffidenti e selettivi rispetto a quelli presenti in fiumi frequentati e nei campi gara fissi. Ad ogni modo per oggi abbiamo di che stare contenti!
lunedì 28 aprile 2014
lunedì 14 aprile 2014
Ritorno al Lago di Zoccolo (in versione primaverile)
Sono passati quasi sei mesi dalla nostra ultima uscita in un lago alpino. precisamente al lago di Zoccolo in Val d'Ultimo (BZ) (http://pescadoretdelladomenica.blogspot.it/2013/10/pesca-al-lago-di-zoccolo-santa-valburga.html).
Da quei primi giorni di ottobre 2013 ad oggi la nostra avventura di pescadoret della domenica si è arricchita di numerose uscite di pesca, che tra alti e bassi ci stanno facendo maturare e accumulare della sana esperienza.
In occasione della fortunata uscita sull'Adige a Vilpiano (BZ) in febbraio abbiamo chiesto al grande Horst di Haus Winkler di prenotarci un alloggio per il weekend del 12/13 aprile. La nostra intenzione era di dedicare il sabato ad un'oretta di tennis, una passeggiata ed a qualche corroborante e rilassante ora di terme a Merano, e di fare le cose serie alla giornata di domenica. Per cose serie s'intende pescare, ovviamente. Il nostro programma è stato supportato dal meteo, che sebbene con qualche bizza ha retto per tutto il weekend. La cosa non era così scontata prima di partire, dal momento che le previsioni davano come probabile una debole pioggia per tutto il sabato e per la mattinata di domenica. Il sabato mattina, prima di dedicarci al tennis, siamo andati da Jawag a Marlengo per fare i permessi di pesca e prendere una scatola di lombrichi. Per chi ama l'abbigliamento da caccia e pesca di alta qualità la sosta in questo negozio potrebbe provocare scompensi cardiaci! Tra maglioni, pantaloni giacche e gilet c'è da rifarsi gli occhi... e per chi non ha problemi di soldi c'è da rifarsi il guardaroba. Siamo usciti dalla porta contenti, con i nostri bei permessi in mano. Ci attendeva un ora di tennis a Merano. La nostra giornata è proseguita come da copione alle terme. Una debole pioggia è caduta mentre eravamo in ammollo nelle vasche all'esterno nel primo pomeriggio, ma non era fastidiosa. Più che altro era preoccupante in ottica pesca l'indomani. Alla sera il nostro fisico, provato da una giornata in costante movimento, ci ha abbandonato molto presto, tanto che alle dieci eravamo già stesi a letto pronti a dormire.
Ci siamo alzati la domenica mattina verso le sette e mezza e fuori dalla finestra il colore dominante era il grigio del cielo, se si esclude il verde/bianco dei meleti in fiore. Almeno niente pioggia. Come nostra abitudine abbiamo fatto tutto con estrema calma. Dopo una buona colazione, rimaneva la triste operazione di caricare la macchina prima di andare a pesca. Abbiamo salutato Horst verso le nove e mezza, ma prima di andare a pescare ci siamo concessi una sosta da Hofladen Mooshausl a Terlano a comprare degli asparagi stupendi e freschissimi. Fatta anche questa sosta gastronomica non rimaneva che colmare la trentina di km che ci separavano dalle sponde del lago di Zoccolo a Santa Valburga. A dirla tutta quando abbiamo fermato l'alloggio in febbraio avevamo pensato ad altre mete per la nostra domenica a pesca. Pensavamo principalmente al lago di Rio Pusteria o a ritornare sull'Adige, ma la settimana prima di partire abbiamo scoperto che il lago di Zoccolo era già aperto e non abbiamo saputo resistere alla tentazione... per me di ripetere la bella pescata di ottobre 2013 e per la Sbriffa di "vendicare" il cappotto in quella occasione.
Alle dieci e mezza circa siamo arrivati nella stessa zona in cui avevamo pescato la volta precedente, ma ad attenderci abbiamo trovato una grossa sorpresa: il lago sembrava sparito!
Ovviamente il lago non era sparito, ma era più basso di almeno una trentina di metri rispetto a sei mesi prima, tant'è vero che abbiamo parcheggiato la macchina dove a ottobre 2013 c'erano almeno un paio di metri d'acqua!
Un po' scioccati dalla visione della pietraia desolata che aveva preso il posto dell'acqua, abbiamo impiegato un po' di tempo a decidere la zona in cui posizionarci per pescare. Sulle sponde c'erano già una dozzina di pescatori, che essendo del posto presumibilmente avevano occupato i posti produttivi o almeno più agevoli. Non ci siamo scoraggiati e abbiamo individuato un angolino sulla sponda sinistra su cui poggiare le nostre cose e iniziare la pescata. Mentre scendevamo la china verso la sponda attuale del lago sferzati da una vento freddo e insistente ho pensato due cose, una semiseria ed una seria. Quella semiseria era che con così poca acqua (poca rispetto al livello normale del lago) la concentrazione di pesci sarebbe stata più elevata... La cosa seria invece era che in queste condizioni si poteva fare una sorta di radiografia alle sponde del lago per studiare il modo in cui digradavano verso il fondo e verificare la presenza di eventuali "gradini" o zone poco profonde. Una cosa molto utile e da tenere a mente per una futura uscita di pesca con l'acqua a livello normale. Non eravamo distanti dalla posta in cui avevamo deciso di metterci e osservando la sponda in quel particolare tratto mi rendevo conto del perché sei mesi prima in quella zona non avevo preso nemmeno un incaglio: non c'erano rocce o massi, ma solo un ripido piano inclinato di ghiaia e terriccio. Finalmente abbiamo raggiunto la sponda e velocemente abbiamo allestito una canna a fondo ed una a spinning per iniziare. Poi dal momento che la pesca è permessa con due canne ci saremmo presi il tempo di allestirne almeno un'altra. Pronti, via! La Sbriffa parte con canna feeder, montatura paternoster con un temolino da 40 g al posto del pasturatore e due bei metri di finale armato di amo con apertura di oltre un centimetro come da regolamento. L'esca è un bel lombrico vivace. Io invece parto a spinning, attaccando un Martin 9 grammi a corpo giallo. Un inizio pesca che è ormai il più prevedibile dei classici per quanto mi riguarda. Dopo qualche lancio ho presto capito che a spinning non avrei avuto vita facile, almeno non in quel punto. Dalla riva si estendeva una secca di diversi metri che i miei lanci, ostacolati dal vento forte, arrivavano a malapena a superare. In fase di recupero una volta entrato nella zona della secca percepivo chiaramente il cucchiaino che raspava il fondale. Non era sicuramente una bella cosa. Mentre sondo varie direttrici coi miei lanci la cima della canna della Sbriffa è mossa da una serie di scossoni. La ferrata non si fa attendere e dall'altra parte il pesce c'è! Mollo tutto, afferro il guadino e mi preparo a ricevere la preda. Presto il pesce si fa vedere e finisce nel guadino. E' una iridea di buone dimensioni e la Sbriffa esplode di gioia!
Sono le undici e un quarto del mattino e la Sbriffa può scrivere IRIDEA - 37 CM sul permesso di pesca! La sua felicità è incontenibile, è la sua prima cattura in un lago alpino e può metter definitivamente in archivio il cappotto di ottobre 2013.
Ci diamo un cinque e riprendiamo a pescare. Mi sposto di qualche decina di metri a destra verso la coda del lago, per vedere se anche lì ci sono problemi di secca. Sparo il primo lancio e a fine recupero incredibilmente ho un attacco. Porto il pesce a riva, è una fario e mi sembra piccola, per cui corro verso la Sbriffa per misurarla. La trotella supera di 3 centimetri la misura minima.
La Sbriffa segna sul mio permesso FARIO - 30 CM. Uno a uno e palla al centro!
Decidiamo di spostarci entrambi verso il punto in cui ho catturato la fario in quanto il fondale sembra essere migliore. Il vento non cala di niente e continua a pelarci la faccia. Allestiamo la seconda canna per la pesca a fondo, con la stessa identica configurazione dell'altra. E' circa mezzogiorno e mezzo quando praticamente in contemporanea la Sbriffa ha un pesce in canna e pure grossetto e mentre insisto in un punto con un Mepps 4 argento con pallini azzurri incanno una iridea! La mia iridea misura 34 centimetri, ma la fario della Sbriffa ne fa addirittura 41!
E' un pesce bellissimo e come le altre fario prese allo Zoccolo sembra ibridata con la lacustre. I puntini rossi sono pochi e il colore di fondo tende più all'argentato che al tipico colore della fario. In un paio d'ore siamo a quota 4 pesci ed abbiamo avuto successo sia a fondo che a spinning.
Mi allontano per fare pipì e ne approfitto per fare alcune foto dall'alto. Ora che c'è un po' di sole si distingue chiaramente la zona di secca di fronte alla piccola penisola da cui pescavamo, mentre sembra meglio dove si trova la Sbriffa, che è un puntino sulla riva...
Una mezz'ora più tardi, mentre stiamo chiacchierando noto che il filo della mia canna non è più teso ed anzi è davvero lasco. Ripristino la tensione del filo e per non saper né leggere né scrivere ferro. All'altro capo del filo non riesco a capire che cosa stia succedendo. All'inizio sembra niente, poi mi pare di incagliare, poi recupero e a pochi metri da riva mi accorgo di aver preso un'altra trota. Stavolta è una lacustre di 30 centimetri a finire nel guadino. Siamo a quota 5 trote in totale e possiamo dire che siamo molto felici della giornata, anche perché il meteo va migliorando e il sole mitiga un po' l'effetto freddo del vento.
A stretto giro la Sbriffa risponde al mio terzo pesce, mentre sta recuperando il suo finale "pompando" con la canna e recuperando filo col mulinello alternativamente. E' una lacustre di 33 centimetri, che è probabilmente caduta vittima dell'invitante roteare del lombrico sott'acqua.
Nel frattempo il nostro vicino di pesca ha fatto su le canne abbandonando la sua postazione ed io da bravo avvoltoio monto un Mepps Black Fury sulla canna a spinning e mi piazzo al suo posto in cerca di fortuna. Dopo una decina di lanci la mia scelta sembra avere successo perché arriva una bella mangiata. L'iridea che s'era attaccata però con un gran salto sopra l'acqua si libera del cucchiaino e quella che poteva essere quota si trasforma in rammarico per l'occasione persa. Provo ad insistere, ma nessun pesce pare aver fame di ferraglia, per cui rifaccio il centinaio di metri a ritroso per riunirmi alla Sbriffa. Mentre mi avvicino a lei capisco dalla piega della canna che è lei ad essere ad un passo dal fare quota! Corro a darle una mano col guadino e mi grida che non è una trota. Spero tanto sia un bel salmerino...ma una volta guadinato "purtroppo" si rivela essere una iridea di 40 cm dai colori bellissimi!
Sono circa le quattro e mezzo di pomeriggio e per la Sbriffa è missione compiuta! Ha fatto quota al lago di Zoccolo, cancellando lo zero del 2013. dire che sia contenta non rende l'idea del suo stato d'animo! Ora sta a me vedere di pareggiare i conti e fare quota a mia volta. Lascio giù la canna a fondo e insisto con lo spinning, ma non ho esito. Verso le cinque smonto la canna da spinning e affido le mie speranze di cattura solo alla canna armata per la pesca a fondo. I miei lanci non sono per nulla precisi. Probabilmente le sei ore in piedi a pesca si fanno sentire, ma non ho la minima intenzione di mollare. Il fatto è che si sta facendo tardi e abbiamo più di tre ore di macchina da fare per tornare a casa, per cui il tempo stringe e se non combinerò niente nel giro di qualche decina di minuti volente o nolente dovrò accontentarmi (si fa per dire) di tre trote. La Sbriffa mi consiglia di adottare la sua tecnica di recupero con le pompate di canna. Ci provo anch'io e quando ormai siamo agli sgoccioli col tempo a nostra disposizione arriva la mia quarta trota, che non vuole saperne di farsi guadinare. Ho quasi paura che si stacchi, ma alla fine la portiamo a riva. E' una fario "vera", con una vivace puntinatura rossa.
Non è sicuramente un esemplare da record, ma è decisamente fotogenica! E' arrivata l'ora anche per me di riporre la canna. Mentre risaliamo la riva verso la macchina ci accorgiamo della grande stanchezza che rende pesanti le nostre gambe, ma questa è ampiamente compensata dall'esito più che felice della nostra pescata.
Da quei primi giorni di ottobre 2013 ad oggi la nostra avventura di pescadoret della domenica si è arricchita di numerose uscite di pesca, che tra alti e bassi ci stanno facendo maturare e accumulare della sana esperienza.
In occasione della fortunata uscita sull'Adige a Vilpiano (BZ) in febbraio abbiamo chiesto al grande Horst di Haus Winkler di prenotarci un alloggio per il weekend del 12/13 aprile. La nostra intenzione era di dedicare il sabato ad un'oretta di tennis, una passeggiata ed a qualche corroborante e rilassante ora di terme a Merano, e di fare le cose serie alla giornata di domenica. Per cose serie s'intende pescare, ovviamente. Il nostro programma è stato supportato dal meteo, che sebbene con qualche bizza ha retto per tutto il weekend. La cosa non era così scontata prima di partire, dal momento che le previsioni davano come probabile una debole pioggia per tutto il sabato e per la mattinata di domenica. Il sabato mattina, prima di dedicarci al tennis, siamo andati da Jawag a Marlengo per fare i permessi di pesca e prendere una scatola di lombrichi. Per chi ama l'abbigliamento da caccia e pesca di alta qualità la sosta in questo negozio potrebbe provocare scompensi cardiaci! Tra maglioni, pantaloni giacche e gilet c'è da rifarsi gli occhi... e per chi non ha problemi di soldi c'è da rifarsi il guardaroba. Siamo usciti dalla porta contenti, con i nostri bei permessi in mano. Ci attendeva un ora di tennis a Merano. La nostra giornata è proseguita come da copione alle terme. Una debole pioggia è caduta mentre eravamo in ammollo nelle vasche all'esterno nel primo pomeriggio, ma non era fastidiosa. Più che altro era preoccupante in ottica pesca l'indomani. Alla sera il nostro fisico, provato da una giornata in costante movimento, ci ha abbandonato molto presto, tanto che alle dieci eravamo già stesi a letto pronti a dormire.
Ci siamo alzati la domenica mattina verso le sette e mezza e fuori dalla finestra il colore dominante era il grigio del cielo, se si esclude il verde/bianco dei meleti in fiore. Almeno niente pioggia. Come nostra abitudine abbiamo fatto tutto con estrema calma. Dopo una buona colazione, rimaneva la triste operazione di caricare la macchina prima di andare a pesca. Abbiamo salutato Horst verso le nove e mezza, ma prima di andare a pescare ci siamo concessi una sosta da Hofladen Mooshausl a Terlano a comprare degli asparagi stupendi e freschissimi. Fatta anche questa sosta gastronomica non rimaneva che colmare la trentina di km che ci separavano dalle sponde del lago di Zoccolo a Santa Valburga. A dirla tutta quando abbiamo fermato l'alloggio in febbraio avevamo pensato ad altre mete per la nostra domenica a pesca. Pensavamo principalmente al lago di Rio Pusteria o a ritornare sull'Adige, ma la settimana prima di partire abbiamo scoperto che il lago di Zoccolo era già aperto e non abbiamo saputo resistere alla tentazione... per me di ripetere la bella pescata di ottobre 2013 e per la Sbriffa di "vendicare" il cappotto in quella occasione.
Alle dieci e mezza circa siamo arrivati nella stessa zona in cui avevamo pescato la volta precedente, ma ad attenderci abbiamo trovato una grossa sorpresa: il lago sembrava sparito!
Ovviamente il lago non era sparito, ma era più basso di almeno una trentina di metri rispetto a sei mesi prima, tant'è vero che abbiamo parcheggiato la macchina dove a ottobre 2013 c'erano almeno un paio di metri d'acqua!
Un po' scioccati dalla visione della pietraia desolata che aveva preso il posto dell'acqua, abbiamo impiegato un po' di tempo a decidere la zona in cui posizionarci per pescare. Sulle sponde c'erano già una dozzina di pescatori, che essendo del posto presumibilmente avevano occupato i posti produttivi o almeno più agevoli. Non ci siamo scoraggiati e abbiamo individuato un angolino sulla sponda sinistra su cui poggiare le nostre cose e iniziare la pescata. Mentre scendevamo la china verso la sponda attuale del lago sferzati da una vento freddo e insistente ho pensato due cose, una semiseria ed una seria. Quella semiseria era che con così poca acqua (poca rispetto al livello normale del lago) la concentrazione di pesci sarebbe stata più elevata... La cosa seria invece era che in queste condizioni si poteva fare una sorta di radiografia alle sponde del lago per studiare il modo in cui digradavano verso il fondo e verificare la presenza di eventuali "gradini" o zone poco profonde. Una cosa molto utile e da tenere a mente per una futura uscita di pesca con l'acqua a livello normale. Non eravamo distanti dalla posta in cui avevamo deciso di metterci e osservando la sponda in quel particolare tratto mi rendevo conto del perché sei mesi prima in quella zona non avevo preso nemmeno un incaglio: non c'erano rocce o massi, ma solo un ripido piano inclinato di ghiaia e terriccio. Finalmente abbiamo raggiunto la sponda e velocemente abbiamo allestito una canna a fondo ed una a spinning per iniziare. Poi dal momento che la pesca è permessa con due canne ci saremmo presi il tempo di allestirne almeno un'altra. Pronti, via! La Sbriffa parte con canna feeder, montatura paternoster con un temolino da 40 g al posto del pasturatore e due bei metri di finale armato di amo con apertura di oltre un centimetro come da regolamento. L'esca è un bel lombrico vivace. Io invece parto a spinning, attaccando un Martin 9 grammi a corpo giallo. Un inizio pesca che è ormai il più prevedibile dei classici per quanto mi riguarda. Dopo qualche lancio ho presto capito che a spinning non avrei avuto vita facile, almeno non in quel punto. Dalla riva si estendeva una secca di diversi metri che i miei lanci, ostacolati dal vento forte, arrivavano a malapena a superare. In fase di recupero una volta entrato nella zona della secca percepivo chiaramente il cucchiaino che raspava il fondale. Non era sicuramente una bella cosa. Mentre sondo varie direttrici coi miei lanci la cima della canna della Sbriffa è mossa da una serie di scossoni. La ferrata non si fa attendere e dall'altra parte il pesce c'è! Mollo tutto, afferro il guadino e mi preparo a ricevere la preda. Presto il pesce si fa vedere e finisce nel guadino. E' una iridea di buone dimensioni e la Sbriffa esplode di gioia!
Sono le undici e un quarto del mattino e la Sbriffa può scrivere IRIDEA - 37 CM sul permesso di pesca! La sua felicità è incontenibile, è la sua prima cattura in un lago alpino e può metter definitivamente in archivio il cappotto di ottobre 2013.
Ci diamo un cinque e riprendiamo a pescare. Mi sposto di qualche decina di metri a destra verso la coda del lago, per vedere se anche lì ci sono problemi di secca. Sparo il primo lancio e a fine recupero incredibilmente ho un attacco. Porto il pesce a riva, è una fario e mi sembra piccola, per cui corro verso la Sbriffa per misurarla. La trotella supera di 3 centimetri la misura minima.
La Sbriffa segna sul mio permesso FARIO - 30 CM. Uno a uno e palla al centro!
Decidiamo di spostarci entrambi verso il punto in cui ho catturato la fario in quanto il fondale sembra essere migliore. Il vento non cala di niente e continua a pelarci la faccia. Allestiamo la seconda canna per la pesca a fondo, con la stessa identica configurazione dell'altra. E' circa mezzogiorno e mezzo quando praticamente in contemporanea la Sbriffa ha un pesce in canna e pure grossetto e mentre insisto in un punto con un Mepps 4 argento con pallini azzurri incanno una iridea! La mia iridea misura 34 centimetri, ma la fario della Sbriffa ne fa addirittura 41!
E' un pesce bellissimo e come le altre fario prese allo Zoccolo sembra ibridata con la lacustre. I puntini rossi sono pochi e il colore di fondo tende più all'argentato che al tipico colore della fario. In un paio d'ore siamo a quota 4 pesci ed abbiamo avuto successo sia a fondo che a spinning.
Mi allontano per fare pipì e ne approfitto per fare alcune foto dall'alto. Ora che c'è un po' di sole si distingue chiaramente la zona di secca di fronte alla piccola penisola da cui pescavamo, mentre sembra meglio dove si trova la Sbriffa, che è un puntino sulla riva...
Una mezz'ora più tardi, mentre stiamo chiacchierando noto che il filo della mia canna non è più teso ed anzi è davvero lasco. Ripristino la tensione del filo e per non saper né leggere né scrivere ferro. All'altro capo del filo non riesco a capire che cosa stia succedendo. All'inizio sembra niente, poi mi pare di incagliare, poi recupero e a pochi metri da riva mi accorgo di aver preso un'altra trota. Stavolta è una lacustre di 30 centimetri a finire nel guadino. Siamo a quota 5 trote in totale e possiamo dire che siamo molto felici della giornata, anche perché il meteo va migliorando e il sole mitiga un po' l'effetto freddo del vento.
A stretto giro la Sbriffa risponde al mio terzo pesce, mentre sta recuperando il suo finale "pompando" con la canna e recuperando filo col mulinello alternativamente. E' una lacustre di 33 centimetri, che è probabilmente caduta vittima dell'invitante roteare del lombrico sott'acqua.
Nel frattempo il nostro vicino di pesca ha fatto su le canne abbandonando la sua postazione ed io da bravo avvoltoio monto un Mepps Black Fury sulla canna a spinning e mi piazzo al suo posto in cerca di fortuna. Dopo una decina di lanci la mia scelta sembra avere successo perché arriva una bella mangiata. L'iridea che s'era attaccata però con un gran salto sopra l'acqua si libera del cucchiaino e quella che poteva essere quota si trasforma in rammarico per l'occasione persa. Provo ad insistere, ma nessun pesce pare aver fame di ferraglia, per cui rifaccio il centinaio di metri a ritroso per riunirmi alla Sbriffa. Mentre mi avvicino a lei capisco dalla piega della canna che è lei ad essere ad un passo dal fare quota! Corro a darle una mano col guadino e mi grida che non è una trota. Spero tanto sia un bel salmerino...ma una volta guadinato "purtroppo" si rivela essere una iridea di 40 cm dai colori bellissimi!
Sono circa le quattro e mezzo di pomeriggio e per la Sbriffa è missione compiuta! Ha fatto quota al lago di Zoccolo, cancellando lo zero del 2013. dire che sia contenta non rende l'idea del suo stato d'animo! Ora sta a me vedere di pareggiare i conti e fare quota a mia volta. Lascio giù la canna a fondo e insisto con lo spinning, ma non ho esito. Verso le cinque smonto la canna da spinning e affido le mie speranze di cattura solo alla canna armata per la pesca a fondo. I miei lanci non sono per nulla precisi. Probabilmente le sei ore in piedi a pesca si fanno sentire, ma non ho la minima intenzione di mollare. Il fatto è che si sta facendo tardi e abbiamo più di tre ore di macchina da fare per tornare a casa, per cui il tempo stringe e se non combinerò niente nel giro di qualche decina di minuti volente o nolente dovrò accontentarmi (si fa per dire) di tre trote. La Sbriffa mi consiglia di adottare la sua tecnica di recupero con le pompate di canna. Ci provo anch'io e quando ormai siamo agli sgoccioli col tempo a nostra disposizione arriva la mia quarta trota, che non vuole saperne di farsi guadinare. Ho quasi paura che si stacchi, ma alla fine la portiamo a riva. E' una fario "vera", con una vivace puntinatura rossa.
Non è sicuramente un esemplare da record, ma è decisamente fotogenica! E' arrivata l'ora anche per me di riporre la canna. Mentre risaliamo la riva verso la macchina ci accorgiamo della grande stanchezza che rende pesanti le nostre gambe, ma questa è ampiamente compensata dall'esito più che felice della nostra pescata.
martedì 1 aprile 2014
Quanti cappotti in zona A...
Dopo le belle e fruttuose uscite sul Negrisiola, sul Monticano e sul Meolo, sembrava che tutto fosse facile e che ogni uscita ci riservasse soddisfazioni. Beh, ci sbagliavamo. Tra uscite in solitaria e in coppia abbiamo inanellato una serie infinita di cappotti! Siamo andati sul Lago Morto (foto sopra) per ben due volte, e in due pomeriggi spesi a insidiare trote abbiamo preso un persico reale di dieci centimetri e nient'altro.
Sono andato con mio padre al fiume Resteggia, un piccolo corso d'acqua di risorgiva, per provare a catturare qualche trota. Il posto, in località Vallonto (TV) è bellissimo:
Ci sono tratti di acqua lenta alternati a rapide e correntoni. Abbiamo provato a spinning, a fondo, a galleggiante... senza alcun risultato! Nemmeno una mangiata.
Sono andato da solo un pomeriggio sul Piave:
Sono partito sapendo che l'impresa di pescare qualcosa era ben al di sopra delle mie possibilità, ed in effetti così è stata.
Almeno ho testato i waders in neoprene nuovi...
La sequenza di cappotti in acque salmonicole è continuata al Negrisiola, ma in un'altra zona rispetto all'uscita di pesca all'apertura. Tra mio padre, io ed altri 5 o forse più pescatori che affollavano la riva, nessuno è stato capace di beccare un pesce che fosse uno! Una intera mattina senza vedere una mangiata...
Ci ho riprovato sul fiume Lia. Si tratta di un altro corso d'acqua di risorgiva, con una buona portata ed un'acqua che a vederla fa venir voglia di berla da tanto è limpida e pulita.
Alle otto e mezzo del mattino sono sulla riva. Un pescatore sta battendo la zona a monte di dove mi trovo. Va a spinning, come ho intenzione di fare anch'io. Parto col piccolo vibrax dell'uno e dopo alcuni lanci arriva la mangiata. Tempo di vedere il fianco del pesce che si dibatte in acqua e si è già staccato. Insisto in quella zona e dopo altri tre quattro lanci arriva di nuovo il botto! Stavolta il pesce è agganciato, ma dopo un paio di salti sull'acqua il cucchiaino vola schivando di poco la mia faccia e cade sull'erba. Dopo una punturata del genere quella trota non avrebbe più mangiato per un po'. Ho provato a risalire il fiume, ho anche visto un paio di pesci muoversi sott'acqua, ma come aveva detto l'altro pescatore "nemmeno un attacco". Morale della fiaba: cappotto con una mangiata, ma sempre cappotto!
La sequenza di cappotti in zona A finisce sabato 29 marzo, anche se non per me. La Sbriffa ed io siamo sul Resteggia, nello stesso tratto dove ho cappottato un paio di settimane prima con mio papà. La prima parte del pomeriggio trascorre in calma piatta. Imparrucco addirittura due volte, intuendo che per me non sarebbe stata giornata. Ci spostiamo a valle camminando nell'erba alta sopra l'argine. Poi verso le cinque ricominciamo a risalire. La Sbriffa va a fondo usando uno dei prototipi di temolino che ho costruito. Finalmente si leva una voce: "Ce l'ho!" La Sbriffa recupera un bello scardolone di circa 30 centimetri!
Poco più tardi a darmi conferma della mia poca fortuna in questo pomeriggio di pesca ci pensano alcune trote "allergiche" al ferro. Una mangia su un correntone e si sgancia. Un'altra, piuttosto piccola, mangia nei pressi di una buca poco distante dalla zona dello scardolone e dopo un salto sull'acqua si slama e la vedo andare a rifugiarsi tra le alghe sotto ai miei piedi. Un terzo pesce, che sembrava un cavedano o comunque un ciprinide (ma non ci giurerei) azzanna il cucchiaino per risputarlo immediatamente, il tutto appena sotto il pelo dell'acqua così che potessi gustarmi la scena. Per finire un trotone di almeno 8 etti mi sguazza sotto gli stivali e scompare nell'acqua più profonda, insensibile alle nostre esche. Facciamo a tempo a goderci lo spettacolo di due scoiattoli che saltano da un albero all'altro contro il cielo al tramonto e ci incamminiamo stanchi verso casa. Nonostante un po' di sfortuna son contento lo stesso. A forza di perderne arriverà il momento che qualcosa rimarrà attaccato, è una questione statistica...
lunedì 10 marzo 2014
Sul Meolo
Per la mia uscita di pesca infrasettimanale stavolta ho scelto un piccolo fiume di risorgiva. Nel giro di una trentina di km da casa ce ne sono diversi, e per noi pescadoret sono tutti nuovi e da scoprire. Ho optato per passare un pomeriggio sul fiume Meolo nel tratto gestito dalla Fipsas, nel comune di Breda di Piave (TV). Una mezz'oretta di viaggio con andamento tranquillo è bastata ad arrivare nella zona che avevo visto in anteprima su street wiew. Ho parcheggiato il furghino a pochi metri dalla sponda, e oltre il finestrino il fiume si presentava più o meno come me l'aspettavo. Sono sceso e ho percorso la manciata di passi che mi separava dalla riva. Quello che ho visto mi ha fatto capire che i miei progetti di pescare a spinning sarebbero stati messi a dura prova dalla fitta vegetazione subacquea. Almeno tre tipi di erbe ed alghe fluttuavano mosse da una corrente abbastanza veloce. Ho segnato l'uscita a libretto, ho messo la scatola degli artificiali nel gilet, ho preso il guadino ed ho iniziato a risalire il fiume. Non avevo mai pescato in acque di questo tipo, nemmeno in gioventù, ed ho presto realizzato che non sarebbe stato molto facile. In più, come aggravante, ho presto capito che la discreta precisione nei lanci che solitamente mi assiste, era paurosamente latitante. Più di qualche lancio è atterrato vergognosamente sulla sponda e mi è toccato andare a strappare il cucchiaino dall'erba a cui si era tenacemente agganciato. Una mezz'ora più tardi tornavo già sui miei passi, rimuginando sull'idea di convertire la mia pesca a spinning in pesca a fondo. In prossimità del furghino ho visto altri tre pescatori, i quali pescavano tutti a fondo. Il più vicino a me adoperava una corona di pallini e aveva con sé un sacchetto di plastica, che quasi sicuramente conteneva del pescato. Il fatto che non sembrassero dei novellini come me, rendeva evidente il fatto che pescare a fondo sarebbe stato sicuramente più redditizio. Tuttavia ho deciso che avrei pescato comunque a spinning, ma in un tratto diverso del Meolo, che avevo tenuto come "piano B" mentre progettavo l'uscita davanti al computer. Così ho caricato la canna in furghino, mi sono tolto il pile per il primo e gradito caldo primaverile e mi sono apprestato ad andare verso il mio piano B. Mentre chiudevo lo sportello del vano di carico è arrivato un altro pescatore, che come me aveva programmato di uscire sullo stesso tratto di fiume a spinning. Abbiamo fatto due parole e non gli ho nascosto la mia perplessità sul fatto di riuscire ad avere successo facendo spinning in quella zona e che sarei andato a tentare la fortuna in un altro tratto. In cinque minuti ero parcheggiato dall'altra parte e stavo scaricando nuovamente la Dam Devil stick della Sbriffa. Nel mentre un vecchio pescatore a mosca stava facendo l'operazione inversa, ovvero caricare in macchina l'attrezzatura per tornare a casa. Dopo i saluti di rito e qualche chiacchiera mi ha detto che aveva notato numerose bollate, segno di pesce attivo. Siamo andato assieme nei pressi della riva, ed ho potuto constatare il movimento di cui mi parlava. Bene, buon per me che rimanevo a pescare. Il fiume sembrava essere leggermente più largo ed avere più portata, ferma restando la presenza della vegetazione subacquea, anche se non fittissima.
Ho iniziato a pescare sulla sponda destra del fiume, ma il bel sole del pomeriggio proiettava la mia ombra nell'acqua, così presto ho cambiato lato. Da principio ho adoperato cucchiaini di media taglia, Mepps del 3 e Martin 9 grammi, ma per non incastrarli inesorabilmente tra le alghe ero costretto ad un recupero troppo veloce ed a canna alzata. Ho insistito per un po' sulla zona dove le bollate erano numerose, ma presto queste sono cessate, segno che sarebbe stato opportuno spostarmi. E così ho fatto. Ho risalito la sponda, provando col piccolo vibrax che aveva avuto tanto successo sul Monticano. Niente trote, ma in compenso potevo permettermi un recupero molto lento e preciso. Con un po' di attenzione potevo seguire il movimento del rotante sott'acqua e fargli dribblare le chiome ed i cespi di alghe. La precisione dei lanci era leggermente migliorata, per fortuna, anche se era ancora un po' lontana dal mio standard abituale. Non avendo ancora esito, ho montato un piccolo rotante Dam da 3 grammi, con una bella paletta rosso brillante. Questo cucchiaino era fruttato la cattura dell'ultima trota della giornata sul Negrisiola. Sono ormai le quattro e mezza del pomeriggio, quando dopo uno dei rarissimi buoni lanci della giornata finalmente la canna s'è inarcata ed una trota è saltata sull'acqua dibattendosi nella fuga. Una breve lotta e l'ho issata sulla sponda. Evviva!
Anche in questo turno infrasettimanale sono riuscito a sporcare il libretto delle catture e ne sono felice. Per via dei numerosi salti in acqua compiuti dalla prima trota della giornata mi sono spostato di una decina di metri e ho ricominciato a pescare. Anche in questa zona sono visibili alcune bollate. Penso che questa attività del pesce in superficie sia dovuta al fatto che ci sono un sacco di moscerini ed insetti che ronzano nell'aria. Tempo dieci minuti ed è arrivata la seconda cattura del giorno, un'altra iridea, leggermente più piccola della precedente:
La giornata sta prendendo proprio una bella piega. Fa caldo, c'è un bel venticello, non c'è nessun altro pescatore all'orizzonte né a monte né a valle e le catture sono arrivate. E ancora più importante le bollate stanno continuando. Manca solo la Sbriffa, purtroppo rinchiusa in ufficio in mezzo a gente stanca ed esaurita. Sono ormai ottimista e sto pensando che far quota sia più che probabile, anche se ormai si sono fatte le cinque. Ora di iniziare a ridiscendere il fiume e mano a mano che le bollate smettono a seguito dei miei lanci, scendere ancora di qualche metro incontro ad altre bollate. Il vento si sta facendo abbastanza forte da modificare la traiettoria dei miei lanci ma non è ancora fastidioso. Presto sono tornato in prossimità della buca da dove avevo cominciato la seconda parte della mia pescata e l'attività dei pesci non è diminuita. Bene, anche perché sospirata quota si sta facendo attendere ed anzi, la terza trota è ancora non pervenuta. Ho montato nuovamente il vibrax e sto continuando a lanciare nella stessa zona, cercando di perfezionare il percorso del rotantino a filo dei banchi di alghe. Alla fine la mia insistenza viene premiata con la cattura della terza iridea del pomeriggio:
All'orizzonte si fa vedere il guardiapesca, ma questa volta, a differenza dell'uscita sul Negrisiola, sono stato previdente ed ho con me anche la carta d'identità. Stavolta però non mi è stata nemmeno chiesta. Vabbè, l'importante è essere in regola con tutto. Gli ultimi lanci della giornata li sto facendo in mezzo a nuvole di moscerini risvegliati dal caldo e dall'umidità che è salita col calare della luce. Sto continuando a sperare di fare quota, ma ormai la schiena comincia ad essere affaticata, troppo per continuare. Così, un po' stanco ma soddisfatto, ho messo fine a questa piacevole giornata di pesca.
Ho iniziato a pescare sulla sponda destra del fiume, ma il bel sole del pomeriggio proiettava la mia ombra nell'acqua, così presto ho cambiato lato. Da principio ho adoperato cucchiaini di media taglia, Mepps del 3 e Martin 9 grammi, ma per non incastrarli inesorabilmente tra le alghe ero costretto ad un recupero troppo veloce ed a canna alzata. Ho insistito per un po' sulla zona dove le bollate erano numerose, ma presto queste sono cessate, segno che sarebbe stato opportuno spostarmi. E così ho fatto. Ho risalito la sponda, provando col piccolo vibrax che aveva avuto tanto successo sul Monticano. Niente trote, ma in compenso potevo permettermi un recupero molto lento e preciso. Con un po' di attenzione potevo seguire il movimento del rotante sott'acqua e fargli dribblare le chiome ed i cespi di alghe. La precisione dei lanci era leggermente migliorata, per fortuna, anche se era ancora un po' lontana dal mio standard abituale. Non avendo ancora esito, ho montato un piccolo rotante Dam da 3 grammi, con una bella paletta rosso brillante. Questo cucchiaino era fruttato la cattura dell'ultima trota della giornata sul Negrisiola. Sono ormai le quattro e mezza del pomeriggio, quando dopo uno dei rarissimi buoni lanci della giornata finalmente la canna s'è inarcata ed una trota è saltata sull'acqua dibattendosi nella fuga. Una breve lotta e l'ho issata sulla sponda. Evviva!
Anche in questo turno infrasettimanale sono riuscito a sporcare il libretto delle catture e ne sono felice. Per via dei numerosi salti in acqua compiuti dalla prima trota della giornata mi sono spostato di una decina di metri e ho ricominciato a pescare. Anche in questa zona sono visibili alcune bollate. Penso che questa attività del pesce in superficie sia dovuta al fatto che ci sono un sacco di moscerini ed insetti che ronzano nell'aria. Tempo dieci minuti ed è arrivata la seconda cattura del giorno, un'altra iridea, leggermente più piccola della precedente:
La giornata sta prendendo proprio una bella piega. Fa caldo, c'è un bel venticello, non c'è nessun altro pescatore all'orizzonte né a monte né a valle e le catture sono arrivate. E ancora più importante le bollate stanno continuando. Manca solo la Sbriffa, purtroppo rinchiusa in ufficio in mezzo a gente stanca ed esaurita. Sono ormai ottimista e sto pensando che far quota sia più che probabile, anche se ormai si sono fatte le cinque. Ora di iniziare a ridiscendere il fiume e mano a mano che le bollate smettono a seguito dei miei lanci, scendere ancora di qualche metro incontro ad altre bollate. Il vento si sta facendo abbastanza forte da modificare la traiettoria dei miei lanci ma non è ancora fastidioso. Presto sono tornato in prossimità della buca da dove avevo cominciato la seconda parte della mia pescata e l'attività dei pesci non è diminuita. Bene, anche perché sospirata quota si sta facendo attendere ed anzi, la terza trota è ancora non pervenuta. Ho montato nuovamente il vibrax e sto continuando a lanciare nella stessa zona, cercando di perfezionare il percorso del rotantino a filo dei banchi di alghe. Alla fine la mia insistenza viene premiata con la cattura della terza iridea del pomeriggio:
All'orizzonte si fa vedere il guardiapesca, ma questa volta, a differenza dell'uscita sul Negrisiola, sono stato previdente ed ho con me anche la carta d'identità. Stavolta però non mi è stata nemmeno chiesta. Vabbè, l'importante è essere in regola con tutto. Gli ultimi lanci della giornata li sto facendo in mezzo a nuvole di moscerini risvegliati dal caldo e dall'umidità che è salita col calare della luce. Sto continuando a sperare di fare quota, ma ormai la schiena comincia ad essere affaticata, troppo per continuare. Così, un po' stanco ma soddisfatto, ho messo fine a questa piacevole giornata di pesca.
martedì 4 marzo 2014
Per oggi ho riempito lo stecco...
E' lunedì mattina. Alle 7 e mezza suona la sveglia. La sera prima ci siamo addormentati come due pere cotte, stanchi per la fortunata ma lunga pesca della domenica di apertura della pesca ai salmonidi. Facciamo colazione e prima che la Sbriffa parta le chiedo il favore di dare un occhio all'acqua del fiume Monticano, che abitualmente attraversa lungo la strada per andare a lavoro. Ho una mezza idea di andare a farci un giro nel pomeriggio, sempre che l'acqua sia almeno decente. Mentre andavamo al Negrisiola la domenica verso mezzogiorno, eravamo passati sopra ad uno dei ponti tra Conegliano e Mareno di Piave e l'acqua era altina e color caffelatte. In poche parole impescabile. Dopo una decina di minuti ricevo un messaggio dalla Sbriffa. Dice che l'acqua non è brutta, ma nemmeno bella. Ne prendo atto e decido che dopo pranzo andrò a fare comunque qualche lancio e anche se l'acqua non è bella, vada come deve andare. Sarà l'apertura della mia stagione di pesca in acque libere, la prima dopo la pausa piscatoria post-adolescenziale. Non so perché, ma il Monticano non mi ispira tanta fiducia, quantomeno a livello di presenza di salmonidi. Non so da dove arrivi questa sensazione, ma ce l'ho. Forse sarà perché quando siamo andati a camminare lungo gli argini ho visto solo tanti cavedani e qualche piccolo barbo. Ricordo di aver visto una fario a pelo d'acqua nella zona esche artificiali no kill a Conegliano, ma al di là di quella sporadica trota niente altro. Ero così convinto di questa mia idea, che ho cercato di documentarmi sulla pesca al cavedano a spinning, pensando che se avessi preso qualche pesce sarebbe stato quello e nulla più.
A l'una e mezza, dopo aver pranzato con la Sbriffa, la saluto e parto verso il fiume. Il posto dove intendo andare lo abbiamo visto insieme un sabato e quel giorno sembrava davvero invitante. Mentre guido il furghino rifletto sul fatto che fare 10 km scarsi anziché una quarantina per andare a pescare è un lusso da signori. Arrivo sul posto e scopro un po' a sorpresa che ci sono già due macchine. Pensandoci bene ci può stare, dal momento che la domenica con l'acqua marrone non avrà pescato nessuno e molti avranno senz'altro rimandato tutto a lunedì. Faccio due passi e arrivo in cima all'argine e i miei sospetti si rivelano fondati: sul posto che a me pareva il migliore ci sono già due pescatori. L'acqua si presenta meglio di quello che pensavo. Vabbè, andrò più in su, penso. Prendo la Dam Devil Stick della Sbriffa per fare spinning e anche la sua canna feeder se mi venisse quella di pescare a fondo. Prendo la cassettina con gli attrezzi e la scatolina con gli artificiali. Mi infilo la scatola dei vermi in una tasca dei pantaloni della tuta. Non mi va di portare altro, per cui non prendo il guadino né altre cose. "Se ho proprio necessità di prendere qualcosa tanto sono qui vicino" dico a me stesso, sapendo che difficilmente lo farò. Ho i giubbottini da pesca, ma finchè li lascio nell'armadio ci sarà sempre il problema di avere molte cose da portare avendo due mani sole, almeno quando sono a pesca senza la Sbriffa. Decido di pescare sulla riva destra. Lanciare sarà quindi un po' più problematico, ma anche più istruttivo. Mi allontano lungo l'argine, scelgo un punto in cui scendere e vado verso la riva. Appoggio le cose sul prato, segno l'uscita a libretto scegliendo l'opzione kill, pensando che avrò ben poco da killare. Poi apro la scatolina degli artificiali e per cominciare scelgo un Martin 9 grammi paletta argento e corpo rosso. Inizio a pescare. Lancio verso valle e recupero ad una velocità che reputo adeguata. L'acqua non è limpida, ma è sicuramente pescabile. Dopo una decina di minuti vedo un pesce fare un salto sull'acqua, poco più a monte di dove si trovano gli altri pescatori. Qualcosa in acqua c'è. Mi sposto di una ventina di metri più su. Ricomincio a lanciare. Ad un certo punto il recupero ha un intoppo ed io un sussulto. Niente, era solo un incaglio. Riprendo a pescare, lanciando sempre verso valle. Il mio recupero si intoppa nuovamente, ma stavolta è un pesce! Sono colto di sorpresa, ma inizio a recuperare e a contrastare la fuga del pesce. Guardo in giù per cercare dove si trova il pesce dal momento che non è ancora emerso ed il mio sguardo non può fare a meno di notare che uno dei pescatori arrivati prima di me ha preso a sua volta qualcosa. Mentre il suo si dibatte saltando sull'acqua il mio non si fa vedere, fino a quando finalmente mette fuori la schiena e con un paio di scodate si libera del cucchiaino, lasciandomi inebetito. E' un dejà vu, al canale Ramo a novembre mi era successa la stessa cosa. Ho fatto solo a tempo a vedere che era una trota, probabilmente fario. Ho fatto in tempo anche a vedere che il pescatore più a valle è stato più abile di me, riuscendo a portare a riva la propria preda. Che amarezza, sono convinto di aver perso l'occasione del giorno, probabilmente l'unica. Il pesce però c'è e devo ammettere che avevo un'idea sbagliata del Monticano. Vista la perdita della trota decido di cambiare artificiale e monto un grosso Martin da 15 grammi, paletta argento e corpo color vespa. Dopo alcuni lanci succede l'impensabile. Sarà durato 10 secondi, ma mi sembrava che tutto andasse al rallentatore. Mancano cinque metri al recupero del cucchiaino e sono ormai sottoriva, quando vedo una trota inseguirlo. Rallento la velocità di recupero e la trota con due pinnate si avventa di cattiveria sul martin. Tempo cinque giri di mulinello e la trota è sull'erba della riva. Pazzesco. Non mi ricordo di aver mai assistito ad un attacco di un pesce in diretta. La trota è lunga 32 centimetri, è una fario e la pinna dorsale brutta e un po' rattrappita mi fa pensare che sia di semina, ma poco importa, ho scappottato sul Monticano e non ci credo nemmeno io.
Erano vent'anni che non annotavo una cattura su un libretto di pesca. Improvvisamente mi rendo conto che non ho un sacchetto in cui mettere il pesce. Ne avevo uno nella tasca di un pile, che però ho messo in lavatrice e in quello pulito che indosso ho solo fazzoletti di carta e nient'altro. In qualche modo farò, una trota non è un problema. Mi sposto un'altra ventina di metri più in su. Sull'altra riva intanto scendono un paio di ragazzetti armati di canne da pesca, che hanno più l'aria di volersi fumare qualche sigarettina lontano da occhi indiscreti che quella di far sul serio. Io invece perdo il martin incagliando malamente. Rimetto il martin rosso con cui avevo cominciato. Dopo alcuni lanci quasi si ripete la scena di prima: vedo la trota seguire il cucchiaino, rallento più che posso, ma questa al contrario della precedente desiste dall'attacco. Rifletto un attimo e prendo una decisione: tolgo il martin e lo cambio con un piccolo vibrax dell'uno, che emetterà più vibrazioni e che potrò permettermi di recuperare ancora più lentamente. Lancio nella zona del mancato attacco e mi sforzo di recuperare molto lentamente, anche più di quanto mi sembra corretto. Osservo il comportamento del piccolo vibrax negli ultimi metri di recupero per tararmi al meglio lancio dopo lancio. Mentre recupero un lancio trasversale arriva una gran botta. Il pesce è in canna e non è piccolo. Tira verso riva e quando cerco di portarlo verso di me salta e si dibatte in modo forsennato. Mi rendo conto che senza guadino non ce la farò mai a tirarlo a riva. Tirandolo su di peso rischio di fare una porcata e spaccare il filo, lasciando il pesce col vibrax in bocca, proprio come il giorno prima al Negrisiola. Devo arrangiarmi con quello che ho, quindi con le mani. Scendo lungo una stretta scarpatina, che mi permette di arrivare a pelo d'acqua...
A vederla in foto la scarpata sembra perfino più brutta di quello che in realtà è, ma la verità è che non ho scelta. Devo scendere e cercare di stancare la trota e portarla verso di me per prenderla con la mano libera dalla canna. Non l'ho mai fatto prima d'ora e sarebbe il caso che non sbagliassi la manovra, visto che iniziando ad esser stanca e stando più ferma si mostra per quello che è: un vero mostro, perlomeno per i miei standard di pescadoret. E' sicuramente la più grossa che abbia mai preso, su questo non ci sono dubbi. Mentre i due ragazzetti sigarettanti mi osservano dall'altra parte del fiume (e chissà che cosa penseranno) io ormai son riuscito a portarla verso di me. Da vicino mi sembra ancora più enorme. Ho lasciato molto filo fuori dalla canna per cercare di minimizzare le possibilità di rottura nel caso la trota si dibattesse. Questo accorgimento però non mi facilita nell'operazione di salpaggio. Provo ad afferrarla ma mentre mi avvicino con la mano la fariona da uno sgorlone che mi fa tremare e mi annaffia i pantaloni d'acqua. Spero che non si stacchi, se succedesse andrei diretto in furghino per prendere il guadino e darmelo in testa fino a spaccarlo. Al secondo tentativo la riesco a prendere e la porto a riva. Accidenti, quanto è grossa. Ha una livrea bellissima, minimale. Non vuole saperne di farsi fotografare, ma alla fine sta ferma un momento:
Misura 49 centimetri, 10 in più di quella che ho pescato al lago di Zoccolo a ottobre 2013. Mando un mms alla Sbriffa, per renderla partecipe che l'impensabile a volte succede. E' davvero un peccato che non ci sia anche lei.
Segno la cattura sul libretto e riprendo a pescare. Ad un certo punto vedo una schiena brunastra sott'acqua, leggermente a monte della famosa scarpatina. Decido di provare a lanciare trasversalmente verso quella zona, cercando di fare una passata sfruttando la corrente. Tempo qualche lancio e la canna si inarca nuovamente. A scanso di equivoci ridiscendo la scarpatina, mentre assecondo la fuga del pesce. Anche questa trota non è piccola ed è decisa a non concedersi facilmente.
Dopo averla stancata la avvicino a riva. Non ci credo, è grossa quanto l'altra e la bocca ha perfino un accenno di "becco", come le grosse trote nelle foto di siti e riviste. La manovra di salpaggio manuale mi riesce ancora una volta e risalgo velocemente la scarpata per slamarla. Non ci credo, non ci credo, non ci credo...
E' un altro bel mostro di 47 centimetri, bellissimo. Il giorno prima mi ero un po' dispiaciuto del fatto che non eravamo riusciti a prendere una fario ma solo iridee. Bene, eccomi accontentato! Aggiorno la Sbriffa sull'esito del pomeriggio di pesca, che sta assumendo contorni sempre più irreali. Sono passate le quattro di pomeriggio, mentre rifaccio il nodo all'artificiale, giusto per precauzione, arriva un pescatore. Avrà circa la mia età e come spesso succede non è italiano. In questi mesi ho constatato che sulla riva di fiumi e canali sembra di stare all'estero e i pochi locali che si vedono hanno quasi tutti una certa età. Facciamo due parole. Anche lui pesca a spinning e ha quasi fatto quota. Va più a monte di dove mi trovo, mentre io resto in prossimità della scarpatina. Il piccolo vibrax colpisce ancora, e dall'altra parte c'è una trota nervosetta. Scendo di nuovo a riva, solo che questa volta la manovra di salpaggio manuale non mi riesce e la trota si slama, rimane ferma un attimo in tre dita d'acqua e poi parte a razzo verso la corrente. Non sono nemmeno dispiaciuto. Anzi, sono contento così, la giornata è andata talmente oltre le aspettative che decido di scendere verso il furghino un po' alla volta, intervallando il trasferimento con alcuni lanci. Ritorno a lanciare nelle stesse zone in cui mi trovavo all'inizio, solo che il piccolo vibrax mi consente un recupero lentissimo, che porta i suoi frutti. Prima ho un netto attacco ma ferro a vuoto. Poi vedo un pesce sicuramente sottomisura rincorrere il vibrax, ma do una accelerata per evitare una spiacevole cattura. Poi arriva un altro attacco, questa volta buono, e recupero un'altra trota over 30:
Manca un pesce alla quota, per cui proseguo l'avvicinamento al furghino. Ritorno nella zona da cui ero partito. Nel giro di qualche lancio arriva un'altra mangiata. E' un'altra fario, sempre sui 35 centimetri:
La mia giornata di pesca si conclude così, avendo raggiunto la quota. Sono le cinque di pomeriggio. Ora ho un problema. Non ho un sacchetto, né nient'altro con cui trasportare le catture. Di solito lungo fiumi e canali c 'è ogni genere d'immondizia e materiale, e stavolta non fa eccezione, ma non c'è niente che mi possa essere d'aiuto. Mi vengono in mente vecchie foto di pescatori che reggono in mano dei bastoni a forcella su cui sono attaccati i pesci catturati. Forse può essere la mia unica soluzione. Recupero un grosso stecco con tre forcelle. Era rimasto impigliato ad un albero con le piene delle scorse settimane. Attacco le trote per la bocca sulle forcelle dello stecco, riempiendolo completamente e mi incammino verso il furghino. Lì sicuramente troverò una borsa, ne sono certo. Trovo una borsa, carico tutto, poi risalgo sull'argine. Sul posto che reputavo buono sono andati via tutti. Credo che visti i risultati forse il posto buono l'ho trovato io. Se non era il posto buono è stata sicuramente la mia giornata fortunata. E pensare che il Monticano non mi ispirava nessuna fiducia. E' come quando vedi una persona e di primo acchito ti pare sia peggio della feccia, mentre poi conoscendola si rivela piacevolissima. Prima di andarmene aiuto il ragazzo con cui avevo parlato a spingere la macchina che era rimasta senza batteria. Se ne va salutandomi con un colpo di clacson. Monto in furghino e guido verso casa stordito da questo pomeriggio di emozioni. Quando a casa la Sbriffa mi chiederà com'è andata le risponderò: "Per oggi ho riempito lo stecco..."
A l'una e mezza, dopo aver pranzato con la Sbriffa, la saluto e parto verso il fiume. Il posto dove intendo andare lo abbiamo visto insieme un sabato e quel giorno sembrava davvero invitante. Mentre guido il furghino rifletto sul fatto che fare 10 km scarsi anziché una quarantina per andare a pescare è un lusso da signori. Arrivo sul posto e scopro un po' a sorpresa che ci sono già due macchine. Pensandoci bene ci può stare, dal momento che la domenica con l'acqua marrone non avrà pescato nessuno e molti avranno senz'altro rimandato tutto a lunedì. Faccio due passi e arrivo in cima all'argine e i miei sospetti si rivelano fondati: sul posto che a me pareva il migliore ci sono già due pescatori. L'acqua si presenta meglio di quello che pensavo. Vabbè, andrò più in su, penso. Prendo la Dam Devil Stick della Sbriffa per fare spinning e anche la sua canna feeder se mi venisse quella di pescare a fondo. Prendo la cassettina con gli attrezzi e la scatolina con gli artificiali. Mi infilo la scatola dei vermi in una tasca dei pantaloni della tuta. Non mi va di portare altro, per cui non prendo il guadino né altre cose. "Se ho proprio necessità di prendere qualcosa tanto sono qui vicino" dico a me stesso, sapendo che difficilmente lo farò. Ho i giubbottini da pesca, ma finchè li lascio nell'armadio ci sarà sempre il problema di avere molte cose da portare avendo due mani sole, almeno quando sono a pesca senza la Sbriffa. Decido di pescare sulla riva destra. Lanciare sarà quindi un po' più problematico, ma anche più istruttivo. Mi allontano lungo l'argine, scelgo un punto in cui scendere e vado verso la riva. Appoggio le cose sul prato, segno l'uscita a libretto scegliendo l'opzione kill, pensando che avrò ben poco da killare. Poi apro la scatolina degli artificiali e per cominciare scelgo un Martin 9 grammi paletta argento e corpo rosso. Inizio a pescare. Lancio verso valle e recupero ad una velocità che reputo adeguata. L'acqua non è limpida, ma è sicuramente pescabile. Dopo una decina di minuti vedo un pesce fare un salto sull'acqua, poco più a monte di dove si trovano gli altri pescatori. Qualcosa in acqua c'è. Mi sposto di una ventina di metri più su. Ricomincio a lanciare. Ad un certo punto il recupero ha un intoppo ed io un sussulto. Niente, era solo un incaglio. Riprendo a pescare, lanciando sempre verso valle. Il mio recupero si intoppa nuovamente, ma stavolta è un pesce! Sono colto di sorpresa, ma inizio a recuperare e a contrastare la fuga del pesce. Guardo in giù per cercare dove si trova il pesce dal momento che non è ancora emerso ed il mio sguardo non può fare a meno di notare che uno dei pescatori arrivati prima di me ha preso a sua volta qualcosa. Mentre il suo si dibatte saltando sull'acqua il mio non si fa vedere, fino a quando finalmente mette fuori la schiena e con un paio di scodate si libera del cucchiaino, lasciandomi inebetito. E' un dejà vu, al canale Ramo a novembre mi era successa la stessa cosa. Ho fatto solo a tempo a vedere che era una trota, probabilmente fario. Ho fatto in tempo anche a vedere che il pescatore più a valle è stato più abile di me, riuscendo a portare a riva la propria preda. Che amarezza, sono convinto di aver perso l'occasione del giorno, probabilmente l'unica. Il pesce però c'è e devo ammettere che avevo un'idea sbagliata del Monticano. Vista la perdita della trota decido di cambiare artificiale e monto un grosso Martin da 15 grammi, paletta argento e corpo color vespa. Dopo alcuni lanci succede l'impensabile. Sarà durato 10 secondi, ma mi sembrava che tutto andasse al rallentatore. Mancano cinque metri al recupero del cucchiaino e sono ormai sottoriva, quando vedo una trota inseguirlo. Rallento la velocità di recupero e la trota con due pinnate si avventa di cattiveria sul martin. Tempo cinque giri di mulinello e la trota è sull'erba della riva. Pazzesco. Non mi ricordo di aver mai assistito ad un attacco di un pesce in diretta. La trota è lunga 32 centimetri, è una fario e la pinna dorsale brutta e un po' rattrappita mi fa pensare che sia di semina, ma poco importa, ho scappottato sul Monticano e non ci credo nemmeno io.
Erano vent'anni che non annotavo una cattura su un libretto di pesca. Improvvisamente mi rendo conto che non ho un sacchetto in cui mettere il pesce. Ne avevo uno nella tasca di un pile, che però ho messo in lavatrice e in quello pulito che indosso ho solo fazzoletti di carta e nient'altro. In qualche modo farò, una trota non è un problema. Mi sposto un'altra ventina di metri più in su. Sull'altra riva intanto scendono un paio di ragazzetti armati di canne da pesca, che hanno più l'aria di volersi fumare qualche sigarettina lontano da occhi indiscreti che quella di far sul serio. Io invece perdo il martin incagliando malamente. Rimetto il martin rosso con cui avevo cominciato. Dopo alcuni lanci quasi si ripete la scena di prima: vedo la trota seguire il cucchiaino, rallento più che posso, ma questa al contrario della precedente desiste dall'attacco. Rifletto un attimo e prendo una decisione: tolgo il martin e lo cambio con un piccolo vibrax dell'uno, che emetterà più vibrazioni e che potrò permettermi di recuperare ancora più lentamente. Lancio nella zona del mancato attacco e mi sforzo di recuperare molto lentamente, anche più di quanto mi sembra corretto. Osservo il comportamento del piccolo vibrax negli ultimi metri di recupero per tararmi al meglio lancio dopo lancio. Mentre recupero un lancio trasversale arriva una gran botta. Il pesce è in canna e non è piccolo. Tira verso riva e quando cerco di portarlo verso di me salta e si dibatte in modo forsennato. Mi rendo conto che senza guadino non ce la farò mai a tirarlo a riva. Tirandolo su di peso rischio di fare una porcata e spaccare il filo, lasciando il pesce col vibrax in bocca, proprio come il giorno prima al Negrisiola. Devo arrangiarmi con quello che ho, quindi con le mani. Scendo lungo una stretta scarpatina, che mi permette di arrivare a pelo d'acqua...
A vederla in foto la scarpata sembra perfino più brutta di quello che in realtà è, ma la verità è che non ho scelta. Devo scendere e cercare di stancare la trota e portarla verso di me per prenderla con la mano libera dalla canna. Non l'ho mai fatto prima d'ora e sarebbe il caso che non sbagliassi la manovra, visto che iniziando ad esser stanca e stando più ferma si mostra per quello che è: un vero mostro, perlomeno per i miei standard di pescadoret. E' sicuramente la più grossa che abbia mai preso, su questo non ci sono dubbi. Mentre i due ragazzetti sigarettanti mi osservano dall'altra parte del fiume (e chissà che cosa penseranno) io ormai son riuscito a portarla verso di me. Da vicino mi sembra ancora più enorme. Ho lasciato molto filo fuori dalla canna per cercare di minimizzare le possibilità di rottura nel caso la trota si dibattesse. Questo accorgimento però non mi facilita nell'operazione di salpaggio. Provo ad afferrarla ma mentre mi avvicino con la mano la fariona da uno sgorlone che mi fa tremare e mi annaffia i pantaloni d'acqua. Spero che non si stacchi, se succedesse andrei diretto in furghino per prendere il guadino e darmelo in testa fino a spaccarlo. Al secondo tentativo la riesco a prendere e la porto a riva. Accidenti, quanto è grossa. Ha una livrea bellissima, minimale. Non vuole saperne di farsi fotografare, ma alla fine sta ferma un momento:
Misura 49 centimetri, 10 in più di quella che ho pescato al lago di Zoccolo a ottobre 2013. Mando un mms alla Sbriffa, per renderla partecipe che l'impensabile a volte succede. E' davvero un peccato che non ci sia anche lei.
Segno la cattura sul libretto e riprendo a pescare. Ad un certo punto vedo una schiena brunastra sott'acqua, leggermente a monte della famosa scarpatina. Decido di provare a lanciare trasversalmente verso quella zona, cercando di fare una passata sfruttando la corrente. Tempo qualche lancio e la canna si inarca nuovamente. A scanso di equivoci ridiscendo la scarpatina, mentre assecondo la fuga del pesce. Anche questa trota non è piccola ed è decisa a non concedersi facilmente.
Dopo averla stancata la avvicino a riva. Non ci credo, è grossa quanto l'altra e la bocca ha perfino un accenno di "becco", come le grosse trote nelle foto di siti e riviste. La manovra di salpaggio manuale mi riesce ancora una volta e risalgo velocemente la scarpata per slamarla. Non ci credo, non ci credo, non ci credo...
E' un altro bel mostro di 47 centimetri, bellissimo. Il giorno prima mi ero un po' dispiaciuto del fatto che non eravamo riusciti a prendere una fario ma solo iridee. Bene, eccomi accontentato! Aggiorno la Sbriffa sull'esito del pomeriggio di pesca, che sta assumendo contorni sempre più irreali. Sono passate le quattro di pomeriggio, mentre rifaccio il nodo all'artificiale, giusto per precauzione, arriva un pescatore. Avrà circa la mia età e come spesso succede non è italiano. In questi mesi ho constatato che sulla riva di fiumi e canali sembra di stare all'estero e i pochi locali che si vedono hanno quasi tutti una certa età. Facciamo due parole. Anche lui pesca a spinning e ha quasi fatto quota. Va più a monte di dove mi trovo, mentre io resto in prossimità della scarpatina. Il piccolo vibrax colpisce ancora, e dall'altra parte c'è una trota nervosetta. Scendo di nuovo a riva, solo che questa volta la manovra di salpaggio manuale non mi riesce e la trota si slama, rimane ferma un attimo in tre dita d'acqua e poi parte a razzo verso la corrente. Non sono nemmeno dispiaciuto. Anzi, sono contento così, la giornata è andata talmente oltre le aspettative che decido di scendere verso il furghino un po' alla volta, intervallando il trasferimento con alcuni lanci. Ritorno a lanciare nelle stesse zone in cui mi trovavo all'inizio, solo che il piccolo vibrax mi consente un recupero lentissimo, che porta i suoi frutti. Prima ho un netto attacco ma ferro a vuoto. Poi vedo un pesce sicuramente sottomisura rincorrere il vibrax, ma do una accelerata per evitare una spiacevole cattura. Poi arriva un altro attacco, questa volta buono, e recupero un'altra trota over 30:
Manca un pesce alla quota, per cui proseguo l'avvicinamento al furghino. Ritorno nella zona da cui ero partito. Nel giro di qualche lancio arriva un'altra mangiata. E' un'altra fario, sempre sui 35 centimetri:
La mia giornata di pesca si conclude così, avendo raggiunto la quota. Sono le cinque di pomeriggio. Ora ho un problema. Non ho un sacchetto, né nient'altro con cui trasportare le catture. Di solito lungo fiumi e canali c 'è ogni genere d'immondizia e materiale, e stavolta non fa eccezione, ma non c'è niente che mi possa essere d'aiuto. Mi vengono in mente vecchie foto di pescatori che reggono in mano dei bastoni a forcella su cui sono attaccati i pesci catturati. Forse può essere la mia unica soluzione. Recupero un grosso stecco con tre forcelle. Era rimasto impigliato ad un albero con le piene delle scorse settimane. Attacco le trote per la bocca sulle forcelle dello stecco, riempiendolo completamente e mi incammino verso il furghino. Lì sicuramente troverò una borsa, ne sono certo. Trovo una borsa, carico tutto, poi risalgo sull'argine. Sul posto che reputavo buono sono andati via tutti. Credo che visti i risultati forse il posto buono l'ho trovato io. Se non era il posto buono è stata sicuramente la mia giornata fortunata. E pensare che il Monticano non mi ispirava nessuna fiducia. E' come quando vedi una persona e di primo acchito ti pare sia peggio della feccia, mentre poi conoscendola si rivela piacevolissima. Prima di andarmene aiuto il ragazzo con cui avevo parlato a spingere la macchina che era rimasta senza batteria. Se ne va salutandomi con un colpo di clacson. Monto in furghino e guido verso casa stordito da questo pomeriggio di emozioni. Quando a casa la Sbriffa mi chiederà com'è andata le risponderò: "Per oggi ho riempito lo stecco..."
Apertura pesca alla trota al lago di Negrisiola
Domenica 2 marzo. Dopo un inverno piuttosto prodigo di catture nei canali della bassa, per noi pescadoret della domenica si affacciano nuove possibilità e territori in cui andare a posare le canne. Apre infatti la stagione della pesca ai salmonidi anche qui in Veneto! Per questo evento non ci siamo fatti cogliere impreparati: abbiamo fatto il libretto catture per la zona A e anche il tesserino catture Fipsas, giusto per non farci mancare niente. Tuttavia le previsioni meteo per il weekend dell'apertura non sono per niente buone. Sabato pioggia costante e anche domenica mattina, primo giorno di apertura, è prevista pioggia leggera, con lieve tendenza al miglioramento per il pomeriggio. Le previsioni purtroppo sono pienamente rispettate e domenica mattina quando ci alziamo il cielo è grigio e piove. Che fare? Aspettiamo qualche ora e alla fine decidiamo di partire. Andiamo, nonostante il grigiore incombente e qualche goccia d'acqua che ancora insiste, nonostante siamo consci che è probabile che ci siano molti pescatori "trotisti" infoiati dopo mesi di pausa ad affollare corsi d'acqua e laghi, nonostante la nostra esperienza scarsa ed i dubbi, insomma, nonostante tutto si mette in moto e si va. La meta prescelta è il lago di Negrisiola in comune di Vittorio Veneto. La scelta è motivata dal fatto che nonostante le piogge quel tipo di acqua non si sporca, come avevamo visto in una visita "ispettiva" a febbraio. In autostrada qualche gocciolina sporca il vetro del furghino, ma da dietro le prealpi sembra venire una luce più chiara. Speriamo migliori, ma anche se così non fosse ormai siamo in ballo e comunque balleremo. Prendiamo la stradina che porta verso l'acqua e come da copione ci sono almeno altre 5 auto in sosta, anche se la riva in prossimità del parcheggio al momento è libera. La Sbriffa decide di pescare a fondo col temolino, io opto per fare spinning. Mentre pigliamo su l'attrezzatura e iniziamo a montare le canne arriva un altra macchina e parcheggia di fianco a noi. Gli occupanti scendono già vestiti e pronti a pescare. La Sbriffa ed io ci scambiamo un'occhiata e un paio di parole. Do al volo una canna a spinning già armata di cucchiaino alla Sbriffa, che va veloce ad occupare la sponda. Avendo letto e sentito di baruffe e litigi tra pescatori per un posto di pesca, a scanso di equivoci esercitiamo il nostro diritto di precedenza e mettiamo le cose in chiaro. Dopotutto siamo invasati anche noi e siamo anche reduci da un cappotto - il primo dell'anno - in Grassaga, per cui siamo motivati ed abbiamo fame di catture. Acquisito il posto possiamo montare con calma la canna per la pesca a fondo. L'acqua è bella, corre ed è increspata da un vento freddo e fastidioso.
Prepariamo la canna col temolino, la Sbriffa infila un bel verme sull'amo e inizia a pescare. Io insisto con lo spinning, ma senza esito. Ogni tanto raccolgo qualche alga dal fondo, ma sono incagli innocui. Intanto sono arrivate altre macchine con a bordo altrettanti pescatori, che si distribuiscono lungo le rive e iniziano a pescare. Tutti montano temolino e larve tranne uno, che pesca a spinning come me, ma con una canna e mulinello da casting. E' un po' distante per poter distinguere con certezza che esca stia usando, ma apparentemente dovrebbe trattarsi di un'esca siliconica.
Il tempo passa e mentre noi rimaniamo stanziali sulla nostra posta il resto dei pescatori si muove lungo le rive. Siamo tutti accomunati da una cosa però: il libretto catture è ancora in bianco. Sembra impossibile che in un'acqua così bella non si riesca a prendere niente, soprattutto in considerazione del fatto che hanno seminato prima dell'apertura.
I due pescatori che avevano parcheggiato in fianco a noi richiudono le canne e gliela danno su. Altri si spostano ancora, qualcuno sfacciatamente anche davanti a noi sulla riva opposta, ma continua ad essere zero per tutti. Presto siamo di nuovo da soli. Provo a variare rotante, gli aggancio un falcetto bianco in silicone e lancio un po' ovunque, ma il risultato non cambia. Provo ad analizzare le cause del momentaneo cappotto, ma non so che cosa pensare. Che sia l'acqua fredda, il vento, la pioggia? Boh...
...poi arriva un signore, un classico pescatore di lungo corso. Ci saluta. Facciamo due parole e spieghiamo che in questo tratto d'acqua né noi né altri hanno visto una pinna. Il signore dice che il pesce a causa del freddo s'è spostato in un'altra zona e ci consiglia di andare in quel punto, più a valle. "Larva e zuccherino e ogni lancio è una trota" dice testualmente.
Ascoltiamo il generoso consiglio e ci incamminiamo. Non abbiamo né larve né zuccherini, ma un bel verme di terra non farà mica schifo, no? Il posto sembrava vicino ed invece occorre camminare un po' per arrivare. In fondo scorgiamo un pescatore e decidiamo di avvicinarci ma non troppo per non disturbarlo. In questa zona tra noi e l'acqua si frappone una rete di un metro e mezzo, rendendo la pesca faticosa e più difficile. Scavalcarla sarebbe folle, il rischio di cadere in acqua con la corrente che c'è sarebbe mortale. Dopo alcuni lanci il pescatore giù in fondo sembra far su la canna per andarsene, così riprendiamo tutte le nostre cose e iniziamo a camminare verso di lui. Ci salutiamo e anche lui conferma quanto detto dal vecchio pescatore. E' così gentile da dare una manciata di zuccherini alla Sbriffa e rimane lì con noi fino al momento della nostra prima cattura, che non tarda ad arrivare. Sia la Sbriffa con verme e zuccherino a fondo, che io con un Martin incanniamo la prima iridea a testa. Il problema più grosso non è il combattimento ma il guadinarle, a causa della rete alta. Con qualche smadonnamento ce la facciamo. Finalmente sporchiamo il libretto catture! Il simpatico e gentile pescatore ci lascia soli e ci salutiamo. Ci raggiunge un vecchietto, che si sistema ancora più a valle di noi.
Abbiamo la "sfortuna" di allamare una trota contemporaneamente e considerato il problema della rete questo è un potenziale guaio. Il guaio diventa reale perché mentre cerco di tirar su di peso la trota oltre la rete per poi soccorrere la Sbriffa (che non può fare lo stesso o rischierebbe di rompere il cimino), questa con una scodata rompe il filo e finisce in acqua col ferro in bocca. Mi viene una vampata di nervoso. Non mi piace per niente l'idea di un pesce con un cucchiaino piantato in bocca, ma ormai la frittata è fatta e lascio la canna per guadinare la trota della Sbriffa.
Sul risultato di tre pesci a testa riceviamo la visita di due guardiapesca, che controllano i permessi. Gli mostriamo il tesserino catture, la licenza e a richiesta anche le tessera Fipsas. Non so a che gli serva vederla, dal momento che senza di quella non avremmo ottenuto il libretto catture, ma pazienza. Ci chiedono anche un documento d'identità. Quelli però sono rimasti in furghino. Il più anziano dei due guardiapesca parte con un "Eh ma ragazzi bisogna averli dietro i documenti!" con tono un po' infastidente da paternale. Lo stoppo subito rispondendo seccato "Non c'è nessun problema, vado a prenderli in furgone." Mi incammino verso i documenti chiusi nel retro del furghino, bestemmiando mentalmente più e più volte. Chi è così scemo da andare a pesca all'apertura senza le carte in regola, che multe pensano di fare - riflettevo dentro di me - mentre camminavo lungo la riva. La distanza era tale che al mio ritorno con i documenti in mano la rabbia mi era sbollita. Sistemata la faccenda burocratica abbiamo ripreso a pescare. O meglio, la Sbriffa ha ripreso a pescare. Io ho preferito mettermi in pausa, per evitare un'altra abboccata doppia ed i conseguenti rischi.
L'ultimo pesce per far quota però stenta ad arrivare. Visto il momento di stasi riprendo in mano la mia solita Dam, ci metto un piccolo cucchiainetto da tre grammi e ricomincio a pescare. Poco dopo allamo la quarta ed ultima trota:
La mia pescata è finita. La Sbriffa si fa ingolosire dalla canna a spinning e molla quella a fondo, che tra l'altro ha il terminale rovinato da un garbuglio. E i risultati arrivano:
Così, con una doppia quota che all'inizio sembrava un miraggio, si conclude la nostra apertura della pesca alla trota.
Missione compiuta!
Prepariamo la canna col temolino, la Sbriffa infila un bel verme sull'amo e inizia a pescare. Io insisto con lo spinning, ma senza esito. Ogni tanto raccolgo qualche alga dal fondo, ma sono incagli innocui. Intanto sono arrivate altre macchine con a bordo altrettanti pescatori, che si distribuiscono lungo le rive e iniziano a pescare. Tutti montano temolino e larve tranne uno, che pesca a spinning come me, ma con una canna e mulinello da casting. E' un po' distante per poter distinguere con certezza che esca stia usando, ma apparentemente dovrebbe trattarsi di un'esca siliconica.
Il tempo passa e mentre noi rimaniamo stanziali sulla nostra posta il resto dei pescatori si muove lungo le rive. Siamo tutti accomunati da una cosa però: il libretto catture è ancora in bianco. Sembra impossibile che in un'acqua così bella non si riesca a prendere niente, soprattutto in considerazione del fatto che hanno seminato prima dell'apertura.
I due pescatori che avevano parcheggiato in fianco a noi richiudono le canne e gliela danno su. Altri si spostano ancora, qualcuno sfacciatamente anche davanti a noi sulla riva opposta, ma continua ad essere zero per tutti. Presto siamo di nuovo da soli. Provo a variare rotante, gli aggancio un falcetto bianco in silicone e lancio un po' ovunque, ma il risultato non cambia. Provo ad analizzare le cause del momentaneo cappotto, ma non so che cosa pensare. Che sia l'acqua fredda, il vento, la pioggia? Boh...
...poi arriva un signore, un classico pescatore di lungo corso. Ci saluta. Facciamo due parole e spieghiamo che in questo tratto d'acqua né noi né altri hanno visto una pinna. Il signore dice che il pesce a causa del freddo s'è spostato in un'altra zona e ci consiglia di andare in quel punto, più a valle. "Larva e zuccherino e ogni lancio è una trota" dice testualmente.
Ascoltiamo il generoso consiglio e ci incamminiamo. Non abbiamo né larve né zuccherini, ma un bel verme di terra non farà mica schifo, no? Il posto sembrava vicino ed invece occorre camminare un po' per arrivare. In fondo scorgiamo un pescatore e decidiamo di avvicinarci ma non troppo per non disturbarlo. In questa zona tra noi e l'acqua si frappone una rete di un metro e mezzo, rendendo la pesca faticosa e più difficile. Scavalcarla sarebbe folle, il rischio di cadere in acqua con la corrente che c'è sarebbe mortale. Dopo alcuni lanci il pescatore giù in fondo sembra far su la canna per andarsene, così riprendiamo tutte le nostre cose e iniziamo a camminare verso di lui. Ci salutiamo e anche lui conferma quanto detto dal vecchio pescatore. E' così gentile da dare una manciata di zuccherini alla Sbriffa e rimane lì con noi fino al momento della nostra prima cattura, che non tarda ad arrivare. Sia la Sbriffa con verme e zuccherino a fondo, che io con un Martin incanniamo la prima iridea a testa. Il problema più grosso non è il combattimento ma il guadinarle, a causa della rete alta. Con qualche smadonnamento ce la facciamo. Finalmente sporchiamo il libretto catture! Il simpatico e gentile pescatore ci lascia soli e ci salutiamo. Ci raggiunge un vecchietto, che si sistema ancora più a valle di noi.
Abbiamo la "sfortuna" di allamare una trota contemporaneamente e considerato il problema della rete questo è un potenziale guaio. Il guaio diventa reale perché mentre cerco di tirar su di peso la trota oltre la rete per poi soccorrere la Sbriffa (che non può fare lo stesso o rischierebbe di rompere il cimino), questa con una scodata rompe il filo e finisce in acqua col ferro in bocca. Mi viene una vampata di nervoso. Non mi piace per niente l'idea di un pesce con un cucchiaino piantato in bocca, ma ormai la frittata è fatta e lascio la canna per guadinare la trota della Sbriffa.
Sul risultato di tre pesci a testa riceviamo la visita di due guardiapesca, che controllano i permessi. Gli mostriamo il tesserino catture, la licenza e a richiesta anche le tessera Fipsas. Non so a che gli serva vederla, dal momento che senza di quella non avremmo ottenuto il libretto catture, ma pazienza. Ci chiedono anche un documento d'identità. Quelli però sono rimasti in furghino. Il più anziano dei due guardiapesca parte con un "Eh ma ragazzi bisogna averli dietro i documenti!" con tono un po' infastidente da paternale. Lo stoppo subito rispondendo seccato "Non c'è nessun problema, vado a prenderli in furgone." Mi incammino verso i documenti chiusi nel retro del furghino, bestemmiando mentalmente più e più volte. Chi è così scemo da andare a pesca all'apertura senza le carte in regola, che multe pensano di fare - riflettevo dentro di me - mentre camminavo lungo la riva. La distanza era tale che al mio ritorno con i documenti in mano la rabbia mi era sbollita. Sistemata la faccenda burocratica abbiamo ripreso a pescare. O meglio, la Sbriffa ha ripreso a pescare. Io ho preferito mettermi in pausa, per evitare un'altra abboccata doppia ed i conseguenti rischi.
L'ultimo pesce per far quota però stenta ad arrivare. Visto il momento di stasi riprendo in mano la mia solita Dam, ci metto un piccolo cucchiainetto da tre grammi e ricomincio a pescare. Poco dopo allamo la quarta ed ultima trota:
La mia pescata è finita. La Sbriffa si fa ingolosire dalla canna a spinning e molla quella a fondo, che tra l'altro ha il terminale rovinato da un garbuglio. E i risultati arrivano:
Missione compiuta!
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